
Ci muoviamo lentamente e con calma, stiamo portando la nostra concentrazione come un calice colmo.
I fatti di ogni giorno succedono, ci attraversano e in parte ce ne sentiamo responsabili. Possiamo però osservarli come fatti che succedono e basta. Questa è la nuova musica. Non abbiamo bisogno di turbarci per ogni cosa. Esiste una emozione comune che tutti noi riconosciamo e a cui non abbiamo dato un nome: la felice attesa di essere in grado di provare la distanza.
La distanza da emozioni negative e la distanza per l’inaffrontabile. La vicinanza, invece, per la bellezza e per nuovi orientamenti.
Qual è la prima cosa che facciamo quando stiamo male? Qual è la cosa che soddisfiamo quando ci lasciamo travolgere dagli eventi?
Operiamo freneticamente. Questa è solo l’azione. Ma perché lo facciamo?
Perché agiamo simultaneamente su più fronti? Lo sappiamo perché? La risposta è che ci aspettiamo troppo. Pensiamo che se non consumiamo freneticamente, andiamo a male come la carne tagliata. Abbiamo bisogno di fagocitare le nostre esperienze. Senza onorarle. O peggio, pensando di onorarle attraverso la frenesia.
La risposta sta invece nei dettagli e nelle immediate connessioni. Al tavolo dei nostri innumerevoli impegni e delle nostre abbuffate quotidiane, potremmo sorseggiare il piacere nella lentezza in un abbraccio sensoriale e amoroso con la consapevolezza. La musica della consapevolezza.
Cosa deve succedere prima che riusciamo ad aprire gli occhi, per attraversare il superfluo e cogliere l’essenziale?
Il cuore è magro, eppure è un potentissimo simbolo di vita. La consapevolezza è invisibile, eppure le sue composizioni ci fanno apprezzare la vita.
I fatti di ogni giorno succedono, ci attraversano e in parte ce ne sentiamo responsabili. Possiamo però osservarli come fatti che succedono e basta. Questa è la nuova musica. Non abbiamo bisogno di turbarci per ogni cosa. Esiste una emozione comune che tutti noi riconosciamo e a cui non abbiamo dato un nome: la felice attesa di essere in grado di provare la distanza.
La distanza da emozioni negative e la distanza per l’inaffrontabile. La vicinanza, invece, per la bellezza e per nuovi orientamenti.
Qual è la prima cosa che facciamo quando stiamo male? Qual è la cosa che soddisfiamo quando ci lasciamo travolgere dagli eventi?
Operiamo freneticamente. Questa è solo l’azione. Ma perché lo facciamo?
Perché agiamo simultaneamente su più fronti? Lo sappiamo perché? La risposta è che ci aspettiamo troppo. Pensiamo che se non consumiamo freneticamente, andiamo a male come la carne tagliata. Abbiamo bisogno di fagocitare le nostre esperienze. Senza onorarle. O peggio, pensando di onorarle attraverso la frenesia.
La risposta sta invece nei dettagli e nelle immediate connessioni. Al tavolo dei nostri innumerevoli impegni e delle nostre abbuffate quotidiane, potremmo sorseggiare il piacere nella lentezza in un abbraccio sensoriale e amoroso con la consapevolezza. La musica della consapevolezza.
Cosa deve succedere prima che riusciamo ad aprire gli occhi, per attraversare il superfluo e cogliere l’essenziale?
Il cuore è magro, eppure è un potentissimo simbolo di vita. La consapevolezza è invisibile, eppure le sue composizioni ci fanno apprezzare la vita.