
Ci si trova fin dal primo mattino in un mondo che pare caderci addosso mentre cerchiamo di trovare una risposta a quell’unico pensiero, nostra droga quotidiana, di cui non riusciamo a fare a meno: è l’ossessione.
L’ossessione è un sintomo ansioso che porta a pensieri ripetitivi, a emozioni di paura e di aggressione, e a dubbi ripetitivi.
Nel caso di una storia amorosa finita male, gli altri faticano a capire l’intensità di un rovello che pure ha fatto e continua a far soffrire il protagonista. Non capiscono il legame che ancora unisce la persona ai suoi ricordi, ai suoi pensieri, alla realtà dei fatti. Insieme al prevalere di un’emozione di vuoto e di inutilità, le domande, i pensieri e i dubbi ripetitivi alimentano sentimenti virtuali di vicinanza, di appagamento, di speranza. A questo sembra rispondere il bisogno soggettivo di tanta dolorosa cura.
Si vuole guarire dalla sofferenza d’amore con una risposta agognata che non arriverà mai a placare il nostro cuore. Gli si girerà intorno, le mani saranno protese, la voce dirà ’vieni’, ma all’atto di stringere i propri pensieri si rimarrà smarriti nel proprio desiderio di affetto e nella propria solitudine. E’ un desiderio che non si tramuta in realtà.
L’effetto di tutto ciò nasce da una distorsione cognitiva (di ciò a cui diamo significato) e dai modi abituali di interpretare la realtà e che producono una anomalia psichica. Una difficoltà cioè di contestualizzare, di apprendere e di rendere più stabili, le proprie esperienze.
Occorre pertanto identificare e correggere i modelli cognitivi disfunzionali, che costituiscono il nostro modo di interpretare gli eventi della vita. Si tratta di pensare i propri pensieri in relazione a esami di realtà, che come fissanti, individuano i nuovi significati soggettivi con cui vivere.
L’ossessione è un sintomo ansioso che porta a pensieri ripetitivi, a emozioni di paura e di aggressione, e a dubbi ripetitivi.
Nel caso di una storia amorosa finita male, gli altri faticano a capire l’intensità di un rovello che pure ha fatto e continua a far soffrire il protagonista. Non capiscono il legame che ancora unisce la persona ai suoi ricordi, ai suoi pensieri, alla realtà dei fatti. Insieme al prevalere di un’emozione di vuoto e di inutilità, le domande, i pensieri e i dubbi ripetitivi alimentano sentimenti virtuali di vicinanza, di appagamento, di speranza. A questo sembra rispondere il bisogno soggettivo di tanta dolorosa cura.
Si vuole guarire dalla sofferenza d’amore con una risposta agognata che non arriverà mai a placare il nostro cuore. Gli si girerà intorno, le mani saranno protese, la voce dirà ’vieni’, ma all’atto di stringere i propri pensieri si rimarrà smarriti nel proprio desiderio di affetto e nella propria solitudine. E’ un desiderio che non si tramuta in realtà.
L’effetto di tutto ciò nasce da una distorsione cognitiva (di ciò a cui diamo significato) e dai modi abituali di interpretare la realtà e che producono una anomalia psichica. Una difficoltà cioè di contestualizzare, di apprendere e di rendere più stabili, le proprie esperienze.
Occorre pertanto identificare e correggere i modelli cognitivi disfunzionali, che costituiscono il nostro modo di interpretare gli eventi della vita. Si tratta di pensare i propri pensieri in relazione a esami di realtà, che come fissanti, individuano i nuovi significati soggettivi con cui vivere.