
In questi casi, emozioni e potere, giocano un ruolo complementare di necessità e ragioni: l’uno agisce, l’altro reagisce.
Aspettative, bisogni, desideri e speranze viaggiano nei pensieri e si identificano in uno scopo. Il mio è stato sempre quello di rispondere ai bisogni delle persone con attenzione, puntualità ed efficienza. Con messaggi chiari e obiettivi definiti e raggiungibili. Con insegnamenti pratici e verificabili. Con disponibilità verso i momenti critici e costantemente proteso a far emergere il meglio delle persone.
Da questo approccio professionale al lavoro e alla crescita personale, traggo la stima delle persone, il loro apprezzamento per la competenza e serietà, il loro entusiasmo per le proposte che di anno in anno promuovo.
Naturalmente, non mi basto da solo e da sempre ho cercato di collaborare con delle eccellenze. Dove ognuno collabora con la massima autonomia e porta quello che può.
Quando però verifico delle difformità nei modi di esercitare il potere personale, quando i messaggi sono confusi, quando le richieste diventano inopportune e i comportamenti iperbolici, faccio un passo indietro. E non dico: ‘io sono il migliore e tu non lo sei, o viceversa’. Dico, ‘le nostre diversità sono diventate inconciliabili e faccio un passo indietro’.
‘Se ritieni di avere delle ragioni che ti portano gli apprezzamenti che meriti, le persone ti seguiranno. Altrimenti non sarà così. Non sono geloso di chi ti segue. Se lo meriti, mi inchino alle tue capacità.
Ma quando i rapporti personali si rompono nei modi in cui ho potuto assistere di recente con villania, false notizie, minacce e denunce, non c’è ragione che le giustifichi e non c’è colla che le ripari.
C’è solo il dispiacere di ricorrere alla giustizia per difendere la propria storia, il proprio operato e la propria dignità.