
Innamorarsi dopo gli ‘anta’ e tante battaglie è una gioia che fa ringraziare la vita per un regalo così grande. E chi dice che non si può amare a una certa età, si sbaglia.
Con l’esperienza degli ‘anta’ si è convinti di poter restare nei propri confini e godere di una semplice e bella esperienza. Vada come vada.
Per questo si è naturali, ironici, attenti, leggeri. L’amore ha spazio per esprimersi e le distanze vengono colmate con foto, messaggi, racconti, parole e poesie.
La forza dell’amore investe ogni anfratto della vita e sembra naturale pensare: ‘d’accordo, sei impegnato, ma se vivessimo insieme, quando bello sarebbe?’
Quando si è finalmente pronti a dire ‘perché no!?’ in quei pensieri si fa strada la mancanza delle 7/8 telefonate al giorno, delle affermazioni d’amore (quanto mi vuoi, quanto ti manco, quanto mi ami?) e l’attesa. L’attesa della telefonate, la rinuncia alle amicizie, a nuovi incontri. Tutto si annebbia. Bloccati a casa, attaccati al telefono e alla televisione, impiccati ai propri pensieri, dentro la prigione dei propri desideri.
Eppure tutto era cominciato nel migliore dei modi: la giusta distanza, la corretta prospettiva, il piacere di vivere quello che c’è. Nulla di più.
E’ successo qualcosa di psicologicamente perverso, i passi dell’esperienza vissuta si sono trasformati in identificazione d’amore e dolore.
E allora penso a quella storia del monaco che vedendo litigare i suoi adepti per chi dovesse accudire un gatto prese la spada e lo trafisse. Volle insegnare che, per smettere di confliggere, litigare e soffrire, era necessario non identificarsi e prendere le giuste distanze per far vivere quello che veramente contava e cioè che: ‘l’essenza della vita non la si può imbrigliare e non si deve perdere il controllo sulla propria esperienza’.
E allora, per ritornare agli inizi, all’entusiasmo che crea scenari, alla forza delle emozioni, al controllo dei propri pensieri, immagini e identificazioni, è necessario ricordarsi di ciò che è reale. In alcuni momenti si cammina in punta di piedi, in altri con i piedi a terra.
All’amore si è grati di poter salire al cielo con un elicottero di emozioni, all’amato si è grati dell’accensione dell’innamoramento, ma a se stessi si deve essere grati di una maturità 6.0. Infatti non si può scambiare un giorno, ogni tanto, con la quotidianità. E allora vale la pena riappropriarsi della propria vita, spegnere il telefono e ripetersi ‘amore mio, ogni cellula del mio corpo ti desidera, ma tu sei tu e io sono io’.
Con l’esperienza degli ‘anta’ si è convinti di poter restare nei propri confini e godere di una semplice e bella esperienza. Vada come vada.
Per questo si è naturali, ironici, attenti, leggeri. L’amore ha spazio per esprimersi e le distanze vengono colmate con foto, messaggi, racconti, parole e poesie.
La forza dell’amore investe ogni anfratto della vita e sembra naturale pensare: ‘d’accordo, sei impegnato, ma se vivessimo insieme, quando bello sarebbe?’
Quando si è finalmente pronti a dire ‘perché no!?’ in quei pensieri si fa strada la mancanza delle 7/8 telefonate al giorno, delle affermazioni d’amore (quanto mi vuoi, quanto ti manco, quanto mi ami?) e l’attesa. L’attesa della telefonate, la rinuncia alle amicizie, a nuovi incontri. Tutto si annebbia. Bloccati a casa, attaccati al telefono e alla televisione, impiccati ai propri pensieri, dentro la prigione dei propri desideri.
Eppure tutto era cominciato nel migliore dei modi: la giusta distanza, la corretta prospettiva, il piacere di vivere quello che c’è. Nulla di più.
E’ successo qualcosa di psicologicamente perverso, i passi dell’esperienza vissuta si sono trasformati in identificazione d’amore e dolore.
E allora penso a quella storia del monaco che vedendo litigare i suoi adepti per chi dovesse accudire un gatto prese la spada e lo trafisse. Volle insegnare che, per smettere di confliggere, litigare e soffrire, era necessario non identificarsi e prendere le giuste distanze per far vivere quello che veramente contava e cioè che: ‘l’essenza della vita non la si può imbrigliare e non si deve perdere il controllo sulla propria esperienza’.
E allora, per ritornare agli inizi, all’entusiasmo che crea scenari, alla forza delle emozioni, al controllo dei propri pensieri, immagini e identificazioni, è necessario ricordarsi di ciò che è reale. In alcuni momenti si cammina in punta di piedi, in altri con i piedi a terra.
All’amore si è grati di poter salire al cielo con un elicottero di emozioni, all’amato si è grati dell’accensione dell’innamoramento, ma a se stessi si deve essere grati di una maturità 6.0. Infatti non si può scambiare un giorno, ogni tanto, con la quotidianità. E allora vale la pena riappropriarsi della propria vita, spegnere il telefono e ripetersi ‘amore mio, ogni cellula del mio corpo ti desidera, ma tu sei tu e io sono io’.