
Per smontare l’abitudine di tenere tutto acceso (subconscio, ricordi, cose, mondi) ad un certo punto è necessario prendere atto delle emozioni incancrenite, dei bisogni ‘narci’ (narcisisti) e delle strategie dell’accumulo, e disfarsi degli armadi e delle scatole dei ricordi autocelebrativi.
Quando apriamo le porte del passato, talvolta, troviamo muri e morti. Le parole, le azioni, i ricordi del passato si ergono a barriere per un nuovo sguardo. Spesso ci rivolgiamo al passato come ad una dispensa di buone cose e troviamo limiti, paure, rabbia. Pensiamo alle persone con orgoglio e nostalgia, le abbiamo idealizzate e ci accorgiamo che sono tutto lì. Poco di niente. Sono pensieri vecchi, senza cognizione, senza novità.
Teniamo i libri? Li abbiamo letti, non li leggeremo mai più. Se non servono all’arredamento, se non sono libri di grande valore culturale, facciamoli circolare in qualche biblioteca.
Teniamo le corrispondenze degli antichi amori? Le abbiamo lette e rilette. Alcuni messaggi richiamano belle emozioni. Altre lettere decisamente no. Buttiamole, non siamo più quel pensiero. Alimentiamo solo un sacco di narcisismo. Non fanno più parte di noi. Se ci accorgiamo di trattenere una parte del passato negativa, buttiamola. O meglio diamole un senso e facciamone qualcosa di nuovo.
Abbiamo tante foto dell’anno realizzate in ogni dove e postate su facebook o sul cellulare? Facciamo pulizia, teniamo quelle che richiamano emozioni positive e realizziamo un album. Le altre, buttiamole.
Integriamo il passato con nuove letture del presente. Alleggeriamo quel gioco perverso di accendere il nostro subconscio su ogni cosa. Basta accumuli e giochi imbalsamati. Spazio al nuovo. Spazio alla consapevolezza che cambia anche il passato.
Ciò che rimane nel presente è un bel regalo. Un compagno, il lavoro, i sogni, gli altri: sono queste le cose da cercare e da scegliere.
Solleviamo il passato, le altre persone, le circostanze, da qualunque responsabilità per ciò che siamo e, insieme alle cose, lasciamo quel tenere e quel giudicare tutto psicologico che non soddisfa i nostri bisogni e la nostra necessità di esprimerci con pienezza.
Quando apriamo le porte del passato, talvolta, troviamo muri e morti. Le parole, le azioni, i ricordi del passato si ergono a barriere per un nuovo sguardo. Spesso ci rivolgiamo al passato come ad una dispensa di buone cose e troviamo limiti, paure, rabbia. Pensiamo alle persone con orgoglio e nostalgia, le abbiamo idealizzate e ci accorgiamo che sono tutto lì. Poco di niente. Sono pensieri vecchi, senza cognizione, senza novità.
Teniamo i libri? Li abbiamo letti, non li leggeremo mai più. Se non servono all’arredamento, se non sono libri di grande valore culturale, facciamoli circolare in qualche biblioteca.
Teniamo le corrispondenze degli antichi amori? Le abbiamo lette e rilette. Alcuni messaggi richiamano belle emozioni. Altre lettere decisamente no. Buttiamole, non siamo più quel pensiero. Alimentiamo solo un sacco di narcisismo. Non fanno più parte di noi. Se ci accorgiamo di trattenere una parte del passato negativa, buttiamola. O meglio diamole un senso e facciamone qualcosa di nuovo.
Abbiamo tante foto dell’anno realizzate in ogni dove e postate su facebook o sul cellulare? Facciamo pulizia, teniamo quelle che richiamano emozioni positive e realizziamo un album. Le altre, buttiamole.
Integriamo il passato con nuove letture del presente. Alleggeriamo quel gioco perverso di accendere il nostro subconscio su ogni cosa. Basta accumuli e giochi imbalsamati. Spazio al nuovo. Spazio alla consapevolezza che cambia anche il passato.
Ciò che rimane nel presente è un bel regalo. Un compagno, il lavoro, i sogni, gli altri: sono queste le cose da cercare e da scegliere.
Solleviamo il passato, le altre persone, le circostanze, da qualunque responsabilità per ciò che siamo e, insieme alle cose, lasciamo quel tenere e quel giudicare tutto psicologico che non soddisfa i nostri bisogni e la nostra necessità di esprimerci con pienezza.