
Ti arrabbi, lo butti fuori dalla tua vita, lo ripaghi della stessa moneta, lo distruggi con gli avvocati? O, nel frattempo, fai il ‘mea culpa’, ti abbatti da sola o ti deprimi? Oppure?
La modalità della ritorsione ‘dente per dente’ o quella della vittima ‘chissà cosa sarà di me’, è purtroppo la norma almeno inizialmente. Molti uomini e donne nel cercare di avere questo e quello, amante e famiglia, non riescono a sopprimere, frenare o cambiare una parte dei loro bisogni o delle loro realtà. Sono irretiti da istanze ugualmente sentite e cercano i modi per sopravvivere in situazioni difficili senza amputare qualcosa di prezioso. Alla fine, esausti, prendono decisioni e fanno scelte.
Qualcuno soffre moltissimo e quando incrocia la ‘malattia’ della reattività non ce n’è per nessuno. Rabbia, pianti, solitudine, paura. L’altro decide, il mondo è forte, la realtà è mal disposta e si subisce una direzione di infelicità.
Quali sono, allora, i modi alternativi di affrontare queste cose così toccanti? Riusciamo ad assumerci la responsabilità della vita che resta e che vogliamo vivere?
Un paradigma molto forte, dopo la sofferenza che si cura con la resa e con il tempo che passa, è quello di sciogliere le proiezioni di un mondo rassicurante, riconoscendo le proprie responsabilità e comportamenti. La realtà che mette in evidenza i problemi, ci travolge. Si inizia una terapia.
Un altro sistema è quello di accettare, comprendere, perdonare, ringraziare, lasciar andare. Non avendo compreso il perché delle cause, si agisce con l’accettazione e il perdono, e si lascia perdere. Si sposta il fuoco su valori differenti, si prega e ci si pone domande nuove.
Un altro modo è quello di assumersi la responsabilità degli accadimenti e delle scelte (anche di altri), non si scava la fossa delle ragioni, ma si distoglie l’attenzione dal complesso della realtà, dal karma sfortunato e dalla personalità problematica, e si osserva l’arto amputato.
Non è successo solo a noi, è stata un’operazione necessaria.
Si medita e ci si identifica in qualcos'altro. Si guardano le cose dall’altro capo del mondo. E come osservatori di una nuova realtà ci si proietta nel gioco immaginario di tutta un’altra esistenza.