
Di recente ho condiviso su Facebook un filmato esilarante sulle diversità di pensiero tra uomo e donna. Parlava di scatole vuote (l’uomo) e di relazioni (la donna), di punti e di virgole che entrambi mettono nell’affrontare le questioni.
Il pensiero maschile sembrerebbe agire per compartimenti quello femminile per estensione e per relazioni. Ne è venuto fuori un quadro impietoso dove la comunicazione tra uomo e donna risulta estremamente faticosa. Quasi impossibile.
Tutti ci ridiamo sopra, ma quando riguarda noi e la nostra vita di coppia storciamo il naso e non sappiamo bene come muoverci. Ci sembra tutto un mediare, un incolpare, un giudicare, un ‘dovrebbe essere diverso’.
Ognuno vorrebbe essere spontaneo per affermare le proprie ragioni. Peccato che quelle ragioni, per la sopravvivenza del dialogo, dovrebbero talvolta essere inibite, mediate o modificate con responsabilità, anche limitando la nostra ‘presunta spontaneità’.
Ad esempio una moglie separata che cerchi di migliorare la sua comunicazione con il silenzio (per il bene dei figli e per evitare discussioni e attriti con il marito) si trova a dover gestire il proprio comportamento come fosse un lavoro. E in effetti è un po’ un lavoro: è una faticaccia gestire gli stati interiori. Riguarda il sentire, il controllo degli stati interiori, la mediazione.
Se tace, prova rabbia per un passato, ancora non completamente digerito, che sfocia nel disinteresse.
Se riflette sulla vita del marito, nel vederlo solo e insoddisfatto, può provarne colpa mista a tenerezza.
Se lambisce il pensiero ‘come sarebbe la nostra vita se ritornassimo insieme?’, si trova a sognare aspettative mai soddisfatte e nell’insieme deludenti.
Se riflette sulle sue scelte, riconosce i patimenti subiti e le legittime decisioni alla separazione.
Insomma, un groviglio di relazioni su fatti, pensieri, emozioni.
Da ciò ne deriva che per migliorare la comunicazione, le buone intenzioni di un ascolto passivo e controllato non bastano. Serve qualcosa di più complesso. A volte, può essere utile inibire alcuni comportamenti reattivi. Talvolta, farsi carico delle questioni a cui si riesca a mettere il punto. Talaltra darsi tempo e spazio per sentire ciò che si vuole. Chiedere con meno giri di parole. Affrontare le proprie paure e magari farsi un bel giro per il mondo … anche a piedi.
Il pensiero maschile sembrerebbe agire per compartimenti quello femminile per estensione e per relazioni. Ne è venuto fuori un quadro impietoso dove la comunicazione tra uomo e donna risulta estremamente faticosa. Quasi impossibile.
Tutti ci ridiamo sopra, ma quando riguarda noi e la nostra vita di coppia storciamo il naso e non sappiamo bene come muoverci. Ci sembra tutto un mediare, un incolpare, un giudicare, un ‘dovrebbe essere diverso’.
Ognuno vorrebbe essere spontaneo per affermare le proprie ragioni. Peccato che quelle ragioni, per la sopravvivenza del dialogo, dovrebbero talvolta essere inibite, mediate o modificate con responsabilità, anche limitando la nostra ‘presunta spontaneità’.
Ad esempio una moglie separata che cerchi di migliorare la sua comunicazione con il silenzio (per il bene dei figli e per evitare discussioni e attriti con il marito) si trova a dover gestire il proprio comportamento come fosse un lavoro. E in effetti è un po’ un lavoro: è una faticaccia gestire gli stati interiori. Riguarda il sentire, il controllo degli stati interiori, la mediazione.
Se tace, prova rabbia per un passato, ancora non completamente digerito, che sfocia nel disinteresse.
Se riflette sulla vita del marito, nel vederlo solo e insoddisfatto, può provarne colpa mista a tenerezza.
Se lambisce il pensiero ‘come sarebbe la nostra vita se ritornassimo insieme?’, si trova a sognare aspettative mai soddisfatte e nell’insieme deludenti.
Se riflette sulle sue scelte, riconosce i patimenti subiti e le legittime decisioni alla separazione.
Insomma, un groviglio di relazioni su fatti, pensieri, emozioni.
Da ciò ne deriva che per migliorare la comunicazione, le buone intenzioni di un ascolto passivo e controllato non bastano. Serve qualcosa di più complesso. A volte, può essere utile inibire alcuni comportamenti reattivi. Talvolta, farsi carico delle questioni a cui si riesca a mettere il punto. Talaltra darsi tempo e spazio per sentire ciò che si vuole. Chiedere con meno giri di parole. Affrontare le proprie paure e magari farsi un bel giro per il mondo … anche a piedi.