
Un po’ per chi studia e un po’ per chi lavora, il tema della procrastinazione sembra seguire difficili corsi temporali, energetici e spaziali. Il piano iniziale comincia sempre bene. Lo studente scandisce il proprio impegno in base ai compiti, alle ricerche e agli esami, il lavoratore pianifica agenda e progetti nel corso della settimana, il creativo si tiene pronto per la scintilla giusta. Si imposta con coerenza l’idea di fare abbastanza fin da subito, con giorni dedicati all’azione, con più o meno impegno, e, a seguire, con la conclusione del compito (esame o progetto che dir si voglia) nei tempi.
Tutto sembra ben impostato. In realtà, tra l’idea iniziale e la scadenza di un progetto, il timone della mente sembra prenderlo non il nostro sistema di supporto alle decisioni, che pianifica come salire una scala un gradino alla volta, ma uno ‘zombi’ che rimane paralizzato e confuso tra il non fare e il fare altro.
E così i piani cambiano. Si passa dal ‘faccio un po’ subito e finisco in anticipo sui tempi’, a ‘mancano 3 giorni, 3 ore, o pochi minuti, e non ho ancora fatto niente’.
La parte razionale che prende le decisioni giuste sembra soggiogata da una ’sbornia’ di gratificazioni immediate: una ‘scimmia’ che trova interessante qualsiasi cosa (uscire, telefonare, giocare, avventarsi su urgenze diverse come mangiare, guardare la tv, etc.) e prende il timone delle nostre scelte. Una vita dedicata a un presente, facile e divertente, che arriva velocemente a fine giornata senza fare la cosa che si dovrebbe fare.
Ma dato che non siamo in una giungla e viviamo di visioni e di progetti, ad un certo punto dobbiamo risolvere un conflitto tra divertimento e ciò che ha senso fare.
Procrastinare vuol dire rimanere a lungo in un parco giochi di gratificazione e di distrazione, ma vuol dire anche ‘rimanere fuori da ciò che ha senso’.
Quando procrastiniamo e non interveniamo con decisioni appropriate, nell’aria aleggiano senso di colpa, paura, ansia, odio per se stessi e si arriva fino al panico.
Il panico dell’ultimo minuto e del ‘non c’è più tempo’, è un mostro. Però un mostro particolare: ci sveglia ogni volta che siamo a ridosso di una scadenza e ci ricorda di evitare un pericolo, un imbarazzo pubblico, un disastro sul lavoro o una qualche altra spiacevole conseguenza.
E’ un po’ paradossale, ma è difficile pensare che se non facciamo niente, ci divertiamo di più e ci sentiamo meglio.
Quindi, diamoci da fare: ‘se non oggi, domani. Ma presto!’
Tutto sembra ben impostato. In realtà, tra l’idea iniziale e la scadenza di un progetto, il timone della mente sembra prenderlo non il nostro sistema di supporto alle decisioni, che pianifica come salire una scala un gradino alla volta, ma uno ‘zombi’ che rimane paralizzato e confuso tra il non fare e il fare altro.
E così i piani cambiano. Si passa dal ‘faccio un po’ subito e finisco in anticipo sui tempi’, a ‘mancano 3 giorni, 3 ore, o pochi minuti, e non ho ancora fatto niente’.
La parte razionale che prende le decisioni giuste sembra soggiogata da una ’sbornia’ di gratificazioni immediate: una ‘scimmia’ che trova interessante qualsiasi cosa (uscire, telefonare, giocare, avventarsi su urgenze diverse come mangiare, guardare la tv, etc.) e prende il timone delle nostre scelte. Una vita dedicata a un presente, facile e divertente, che arriva velocemente a fine giornata senza fare la cosa che si dovrebbe fare.
Ma dato che non siamo in una giungla e viviamo di visioni e di progetti, ad un certo punto dobbiamo risolvere un conflitto tra divertimento e ciò che ha senso fare.
Procrastinare vuol dire rimanere a lungo in un parco giochi di gratificazione e di distrazione, ma vuol dire anche ‘rimanere fuori da ciò che ha senso’.
Quando procrastiniamo e non interveniamo con decisioni appropriate, nell’aria aleggiano senso di colpa, paura, ansia, odio per se stessi e si arriva fino al panico.
Il panico dell’ultimo minuto e del ‘non c’è più tempo’, è un mostro. Però un mostro particolare: ci sveglia ogni volta che siamo a ridosso di una scadenza e ci ricorda di evitare un pericolo, un imbarazzo pubblico, un disastro sul lavoro o una qualche altra spiacevole conseguenza.
E’ un po’ paradossale, ma è difficile pensare che se non facciamo niente, ci divertiamo di più e ci sentiamo meglio.
Quindi, diamoci da fare: ‘se non oggi, domani. Ma presto!’