
Sapere di sapere, di sapere, di sapere, di … vuol dire essere coscienti. La presenza della presenza, della presenza, della presenza ... dell’amato, vuol dire riscontrare un tipo di amore cosciente che i greci hanno designato come eros, filia, aghape, a seconda della dimensione dell’amore provato.
Ma quando l’amato figlio, fratello, compagno, genitore, non c’è più, che cosa rimane della coscienza e dell’amore per l’altro?
La presenza fisica non c’è più. Il mondo condiviso insieme non abbraccia più quel vorticoso intreccio di forze e rimane il vuoto. Non dei ricordi, non del dialogo interiore, non della presenza immaginata, ma delle aspettative d’amore, del senso della vita, del vivere umano.
La presenza fisica dell’amato non c’è più, ma rimane qualcosa di molto prezioso che ci farà molto meditare nel corso della vita, che è il recupero di sentimenti altruistici: un amore più generoso, un attaccamento più ragionato, un bene più evoluto.
Più amore, più ragione, più bene portano a vivere non l’assenza, ma la realtà.
Così, l’amato ‘assente’ diventa un messaggero di vita che va vissuta, di ricordi che dialogano, di vuoti che si riempiono di amore.
Il vero cruccio rimane per non aver fatto, non aver detto, non aver capito in vita: per i sensi di colpa, per l’ignoranza, per l’incapacità. Ma cercare le cause non serve a chi rimane, se non per scoprire un nuovo modo di essere e realizzare lo scopo di quella dolorosa assenza. E cioè abbandonarsi all’esistenza e lasciare ai momenti del ricordo cosciente la propria generosa, affettuosa, adulta, presenza.
Ma quando l’amato figlio, fratello, compagno, genitore, non c’è più, che cosa rimane della coscienza e dell’amore per l’altro?
La presenza fisica non c’è più. Il mondo condiviso insieme non abbraccia più quel vorticoso intreccio di forze e rimane il vuoto. Non dei ricordi, non del dialogo interiore, non della presenza immaginata, ma delle aspettative d’amore, del senso della vita, del vivere umano.
La presenza fisica dell’amato non c’è più, ma rimane qualcosa di molto prezioso che ci farà molto meditare nel corso della vita, che è il recupero di sentimenti altruistici: un amore più generoso, un attaccamento più ragionato, un bene più evoluto.
Più amore, più ragione, più bene portano a vivere non l’assenza, ma la realtà.
Così, l’amato ‘assente’ diventa un messaggero di vita che va vissuta, di ricordi che dialogano, di vuoti che si riempiono di amore.
Il vero cruccio rimane per non aver fatto, non aver detto, non aver capito in vita: per i sensi di colpa, per l’ignoranza, per l’incapacità. Ma cercare le cause non serve a chi rimane, se non per scoprire un nuovo modo di essere e realizzare lo scopo di quella dolorosa assenza. E cioè abbandonarsi all’esistenza e lasciare ai momenti del ricordo cosciente la propria generosa, affettuosa, adulta, presenza.