
Di ritorno da una breve vacanza si avrebbe voglia di prolungarla, di avere qualche giorno di recupero in più e poi ancora di avere il pensiero rivolto a progettare la prossima. Che bellezza, che posti, che compagnia! Che gioia poter perpetuare quei bei momenti. Sempre!
E il lavoro? Che insofferenza, che repulsione, che tristezza! Che bello non avere l’ansia o la preoccupazione del lavoro, perché solo l’idea di pensare alle mansioni da svolgere e alle responsabilità da gestire, sfianca.
Il bisogno di ritrovare i neuroni dispersi e senza meta, pone però qualche dubbio sull’ambivalenza degli obiettivi di vita perché ‘pancia piena e pancia vuota’, in fondo in fondo, combattono tra loro e hanno destinazioni diverse.
‘Pancia piena e pancia vuota’ sono solo modi di dire, ma nell’altalena tra tempo libero e lavoro non sono solo battute. Riguardano scelte di vita e modi di vivere.
Ma realmente pensiamo che il non avere un impegno organizzato ci faccia così bene?
Forse non ci ricordiamo a sufficienza che quando le cose non le potevamo fare o avere, ce le sognavamo, le immaginavamo, le progettavamo, le conquistavamo e alla fine le apprezzavamo.
Oggi, con la pancia piena non apprezziamo gli sforzi di ottenere le cose. Non apprezziamo lo studio, l’impegno, la fatica di realizzare un progetto.
Con la pancia piena, le cose ce l’abbiamo già. Cosa ce ne frega.
E allora mi viene di apprezzare alcuni aspetti della pancia vuota perché raggiungere qualcosa ha il sapore della conquista, della meraviglia, dello sguardo sull’orizzonte.
La paura di avere il tutto che non basta inaridisce, mentre l’irrequietezza del niente da raggiungere attiva le forze più primitive della sopravvivenza e della vita.
Quella mano che prende, quella gamba che avanza, quel pensiero che seduce, quell’emozione che trabocca, hanno un che di smisurato. Con la pancia vuota si pensa meglio, si corre di più e si studia con maggiori risultati.
Per cui non abdichiamo al pensiero che vacanza è bello per tutta la vita, perché vita e sogni fanno parte delle pagine dello stesso libro. Ma leggerli in ordine è svilupparsi, sfogliarli a caso è fantasticare.
E il lavoro? Che insofferenza, che repulsione, che tristezza! Che bello non avere l’ansia o la preoccupazione del lavoro, perché solo l’idea di pensare alle mansioni da svolgere e alle responsabilità da gestire, sfianca.
Il bisogno di ritrovare i neuroni dispersi e senza meta, pone però qualche dubbio sull’ambivalenza degli obiettivi di vita perché ‘pancia piena e pancia vuota’, in fondo in fondo, combattono tra loro e hanno destinazioni diverse.
‘Pancia piena e pancia vuota’ sono solo modi di dire, ma nell’altalena tra tempo libero e lavoro non sono solo battute. Riguardano scelte di vita e modi di vivere.
Ma realmente pensiamo che il non avere un impegno organizzato ci faccia così bene?
Forse non ci ricordiamo a sufficienza che quando le cose non le potevamo fare o avere, ce le sognavamo, le immaginavamo, le progettavamo, le conquistavamo e alla fine le apprezzavamo.
Oggi, con la pancia piena non apprezziamo gli sforzi di ottenere le cose. Non apprezziamo lo studio, l’impegno, la fatica di realizzare un progetto.
Con la pancia piena, le cose ce l’abbiamo già. Cosa ce ne frega.
E allora mi viene di apprezzare alcuni aspetti della pancia vuota perché raggiungere qualcosa ha il sapore della conquista, della meraviglia, dello sguardo sull’orizzonte.
La paura di avere il tutto che non basta inaridisce, mentre l’irrequietezza del niente da raggiungere attiva le forze più primitive della sopravvivenza e della vita.
Quella mano che prende, quella gamba che avanza, quel pensiero che seduce, quell’emozione che trabocca, hanno un che di smisurato. Con la pancia vuota si pensa meglio, si corre di più e si studia con maggiori risultati.
Per cui non abdichiamo al pensiero che vacanza è bello per tutta la vita, perché vita e sogni fanno parte delle pagine dello stesso libro. Ma leggerli in ordine è svilupparsi, sfogliarli a caso è fantasticare.