
Oggettuale e oggettivo: che confusione provocano queste due modi di percepire la realtà, dentro e fuori di noi!
La psicologia ha studiato come vengono interiorizzate le figure più importanti della vita e ha definito oggettuale il modo in cui le relazioni primarie vengono prima distinte, poi introiettate e successivamente proiettate, arricchendo il mondo interno dell’individuo, fornendogli inoltre le prime mappe di come interagire con la realtà esteriore.
Il movimento primario di tutto questo processo è qualcosa di istintivo e naturale e avviene attraverso la libido e l’espressione delle sue varie fasi nello sviluppo psicosessuale.
Troviamo esempi di integrazione con la natura profonda di se stessi quando in acqua si fa esperienza di un contatto e di un contenimento che da fisico diventa interiore. O nell’esperienza sessuale, quando quel fluire unitario dei corpi consente di perdersi nell’estasi dell’esperienza. La consapevolezza primaria di questa dimensione è il ‘sentire’, ed è la sintesi di una coscienza arcaica e generosa.
Oggettivo, invece, è come leggiamo la realtà con un atteggiamento scientifico. Vuol dire: raccolta di informazioni, osservazione di un fenomeno, scelta di parametri modello, formulazione di ipotesi, formulazione di una teoria, esperimenti di verifica.
Ora, se il piano oggettivo ci richiede di analizzare i fatti e di farsene ragione, e il piano soggettivo tiene in piedi figure interiori e modi che trasfigurano la realtà e la confondono, si fa la frittata. Si vola senza ali, dopo un tempo bello.
Invece di tifare per il proprio sentire e per le emozioni che si provano, la testa vive mezza giornata avanti a controllare gli eventi, mentre si confondono i piani di realtà. L’IO che sperimenta, vaga alla deriva da una stanza all’altra, senza un ancoraggio interiore chiaro.
Invece di andare ad una riunione con la sensazione di felicità e godersela, l’aspettativa impone il suo sguardo e le sensazioni di benessere vengono buttate fuori dalla realtà.
La realtà diventa angosciosa, non per la riunione che è andata come è andata, ma per la propria frattura interiore.
Tutti viviamo questo dibattito feroce, ci rifugiamo nella realtà oggettuale allo scopo di ritrovare l’ordine delle cose e viviamo la quotidianità attraverso forti deformazioni. Così non riusciamo a scegliere cosa veramente sentiamo e possiamo anche arrivare al punto di cercare il rifiuto dell’altro per sentire, attraverso la distanza o la provocazione, il suo ‘amore’ e la nostra ‘ragione’ di vita.
La psicologia ha studiato come vengono interiorizzate le figure più importanti della vita e ha definito oggettuale il modo in cui le relazioni primarie vengono prima distinte, poi introiettate e successivamente proiettate, arricchendo il mondo interno dell’individuo, fornendogli inoltre le prime mappe di come interagire con la realtà esteriore.
Il movimento primario di tutto questo processo è qualcosa di istintivo e naturale e avviene attraverso la libido e l’espressione delle sue varie fasi nello sviluppo psicosessuale.
Troviamo esempi di integrazione con la natura profonda di se stessi quando in acqua si fa esperienza di un contatto e di un contenimento che da fisico diventa interiore. O nell’esperienza sessuale, quando quel fluire unitario dei corpi consente di perdersi nell’estasi dell’esperienza. La consapevolezza primaria di questa dimensione è il ‘sentire’, ed è la sintesi di una coscienza arcaica e generosa.
Oggettivo, invece, è come leggiamo la realtà con un atteggiamento scientifico. Vuol dire: raccolta di informazioni, osservazione di un fenomeno, scelta di parametri modello, formulazione di ipotesi, formulazione di una teoria, esperimenti di verifica.
Ora, se il piano oggettivo ci richiede di analizzare i fatti e di farsene ragione, e il piano soggettivo tiene in piedi figure interiori e modi che trasfigurano la realtà e la confondono, si fa la frittata. Si vola senza ali, dopo un tempo bello.
Invece di tifare per il proprio sentire e per le emozioni che si provano, la testa vive mezza giornata avanti a controllare gli eventi, mentre si confondono i piani di realtà. L’IO che sperimenta, vaga alla deriva da una stanza all’altra, senza un ancoraggio interiore chiaro.
Invece di andare ad una riunione con la sensazione di felicità e godersela, l’aspettativa impone il suo sguardo e le sensazioni di benessere vengono buttate fuori dalla realtà.
La realtà diventa angosciosa, non per la riunione che è andata come è andata, ma per la propria frattura interiore.
Tutti viviamo questo dibattito feroce, ci rifugiamo nella realtà oggettuale allo scopo di ritrovare l’ordine delle cose e viviamo la quotidianità attraverso forti deformazioni. Così non riusciamo a scegliere cosa veramente sentiamo e possiamo anche arrivare al punto di cercare il rifiuto dell’altro per sentire, attraverso la distanza o la provocazione, il suo ‘amore’ e la nostra ‘ragione’ di vita.