
Una cosa che non piace a nessuno è stare nell’incertezza e nell’indecisione di qualcuno che non sa su che ramo abitare. Neppure una scimmia, abituata a correre su e giù dagli alberi, sarebbe contenta.
In amore, quando il divaricatore delle ambivalenze perde la bussola, ci si ritrova come scimmie arrabbiate a fare cose che non si sarebbe mai pensato di fare.
A un estremo si cercano informazioni e prove per capire il compagno, la realtà dei fatti e le sue incongruenze.
Un po’ per difesa e un po’ per prepararsi al peggio, si cerca di leggere la realtà così com’è, con un amore che si è trasformato in amarezza.
All’altro estremo si è lavorato bene con la benzina, ma adesso si teme l’accendino. C’è la paura di dare voce ai silenzi e di dare fuoco alla casa e anche alla foresta.
In mezzo c’è il peso di chi vorrebbe dire qualcosa di carino, ma non se lo può permettere. Di chi teme di addormentarsi sugli schemi dell’altro in un’apparente calma piatta.
Si vorrebbe però uscire dall’incubo.
In questa linea immaginaria di estremi, il cervello pensa, il cuore soffre e gli occhi fissano l’orologio in un’angoscia muta.
Ognuno fa i suoi conti: l’uno aspetta, non si fida e non decide. L’altra, incredula, vive nel vortice della tristezza, della rabbia e della solitudine.
Non c’è niente di scontato, c’è uno stare in qualcosa che non incanta più, che dispiace e che è ormai a brandelli. Si temono le parole non dette: ‘Dio quanto ti amato!’. E le grane di un affetto perduto: ‘non voglio decidere in base alle tue angosce’.
C’è una fragilità che coincide con l’incapacità di influenzare le cose, di cambiare se stessi e le circostanze della vita. Ma è bene ricordarci che nessuno ha il potere di farci stare male se non siamo noi stessi a permetterglielo.
Nel vivere gli avanzi di un futuro che si è addormentato è inutile soffrire a denti stretti ed è ancora peggio dimenticarsi di utilizzare le proprie risorse e potenzialità interiori’.
C’è come un bisogno di decidere ‘presto’ per la propria vita, di fare il ’saltino’ e ricordarsi di non aver paura di vivere.
In amore, quando il divaricatore delle ambivalenze perde la bussola, ci si ritrova come scimmie arrabbiate a fare cose che non si sarebbe mai pensato di fare.
A un estremo si cercano informazioni e prove per capire il compagno, la realtà dei fatti e le sue incongruenze.
Un po’ per difesa e un po’ per prepararsi al peggio, si cerca di leggere la realtà così com’è, con un amore che si è trasformato in amarezza.
All’altro estremo si è lavorato bene con la benzina, ma adesso si teme l’accendino. C’è la paura di dare voce ai silenzi e di dare fuoco alla casa e anche alla foresta.
In mezzo c’è il peso di chi vorrebbe dire qualcosa di carino, ma non se lo può permettere. Di chi teme di addormentarsi sugli schemi dell’altro in un’apparente calma piatta.
Si vorrebbe però uscire dall’incubo.
In questa linea immaginaria di estremi, il cervello pensa, il cuore soffre e gli occhi fissano l’orologio in un’angoscia muta.
Ognuno fa i suoi conti: l’uno aspetta, non si fida e non decide. L’altra, incredula, vive nel vortice della tristezza, della rabbia e della solitudine.
Non c’è niente di scontato, c’è uno stare in qualcosa che non incanta più, che dispiace e che è ormai a brandelli. Si temono le parole non dette: ‘Dio quanto ti amato!’. E le grane di un affetto perduto: ‘non voglio decidere in base alle tue angosce’.
C’è una fragilità che coincide con l’incapacità di influenzare le cose, di cambiare se stessi e le circostanze della vita. Ma è bene ricordarci che nessuno ha il potere di farci stare male se non siamo noi stessi a permetterglielo.
Nel vivere gli avanzi di un futuro che si è addormentato è inutile soffrire a denti stretti ed è ancora peggio dimenticarsi di utilizzare le proprie risorse e potenzialità interiori’.
C’è come un bisogno di decidere ‘presto’ per la propria vita, di fare il ’saltino’ e ricordarsi di non aver paura di vivere.