
In apnea il disagio più rilevante è costituito dalla ‘fame d’aria’ o dispnea. La dispnea dipende dall’alterazione dell’ossigenazione del sangue e dalla scarsa eliminazione di anidride carbonica.
L’apneista la riconosce come la fine della sua prova. Nell’ambito sportivo, è quindi normale che l’atleta si chieda come sia possibile gestire questa sensazione specifica che ha almeno tre prospettive: una fisiologica, una emotiva e una psicologica.
La dimensione fisiologica del disagio, ha una sua risposta estrema che oltre un certo grado di intensità obbedisce soltanto a leggi proprie, nelle quali l’apneista non può più di tanto intervenire. Con opportuni allenamenti e prove può spostare l’asticella della tolleranza alla dispnea attraverso la gestione della sofferenza.
Da un punto di vista psicologico il disagio, invece, va anticipato. Innanzitutto va riconosciuto l’aspetto fisico del dolore e va riconosciuta la rottura dell’equilibrio emotivo e psicologico che determina la gestione della fase finale dell’apnea.
Quindi diventa molto interessante attivare strategie di riduzione graduale del dolore (accettazione, sopportazione, contenimento), di riscontro delle emozioni, di paura e di panico, e della tensione conseguente (autocontrollo, osservazione e dialogo interno) e di controllo psicologico, attraverso attività di visualizzazione e piccoli movimenti.
Naturalmente queste strategie sono funzionali nella fase iniziale della rottura percepita dell’equilibrio psicofisico. E’ probabile che l’apneista esperto, quale raffinato osservatore dell’evento fisico doloroso, riesca soprattutto con strategie emotive e psicologiche, ad accompagnare il disagio alla sua tenuta e alla sua naturale e prolungata scadenza.
L’apneista la riconosce come la fine della sua prova. Nell’ambito sportivo, è quindi normale che l’atleta si chieda come sia possibile gestire questa sensazione specifica che ha almeno tre prospettive: una fisiologica, una emotiva e una psicologica.
La dimensione fisiologica del disagio, ha una sua risposta estrema che oltre un certo grado di intensità obbedisce soltanto a leggi proprie, nelle quali l’apneista non può più di tanto intervenire. Con opportuni allenamenti e prove può spostare l’asticella della tolleranza alla dispnea attraverso la gestione della sofferenza.
Da un punto di vista psicologico il disagio, invece, va anticipato. Innanzitutto va riconosciuto l’aspetto fisico del dolore e va riconosciuta la rottura dell’equilibrio emotivo e psicologico che determina la gestione della fase finale dell’apnea.
Quindi diventa molto interessante attivare strategie di riduzione graduale del dolore (accettazione, sopportazione, contenimento), di riscontro delle emozioni, di paura e di panico, e della tensione conseguente (autocontrollo, osservazione e dialogo interno) e di controllo psicologico, attraverso attività di visualizzazione e piccoli movimenti.
Naturalmente queste strategie sono funzionali nella fase iniziale della rottura percepita dell’equilibrio psicofisico. E’ probabile che l’apneista esperto, quale raffinato osservatore dell’evento fisico doloroso, riesca soprattutto con strategie emotive e psicologiche, ad accompagnare il disagio alla sua tenuta e alla sua naturale e prolungata scadenza.