
La gelosia è una bestia tremenda.
L’intensità del coinvolgimento è asfissiante, toglie l’ossigeno, si respira con un’unica bocca e naso. Si cammina allo stesso ritmo e con gli stessi piedi dell’altro e quando arriva la biforcazione dei segnali quotidiani, ci si sente squarciare dentro.
Ogni segnale diventa una minaccia: uno spasimante, una foto, una frase, un comportamento ingenuo, fanno esplodere una bomba. L’amore diventa una trappola. L’altro diventa un oggetto e non più una persona, l’amato diventa un carceriere.
L’attaccamento diventa come una colla adesiva e il legame diventa di pietra. Entrambi gli amati si perdono: uno fugge e si spegne, l’altro impazzisce. Il rapporto inaugura due destini: la sofferenza e la fine.
Senza l’accensione del cervello ci si tuffa nel passato con le paure dell’abbandono, si naviga nel presente con la paranoia e si vola nel futuro con la voglia di farla finita.
Si rompono le porte di casa per cercare di spostare il dolore, si guarda il telefono per ricevere messaggi di rassicurazione e si medita la vendetta per placare tutta la rabbia.
Nessuno può veramente comprendere quel fuoco dentro, quel blocco nel torace, quelle lacrime senza interruzione. Ci si prova. Ci si calma per un po’, ma tutto si accumula e basta una goccia per impazzire, per perdersi nei propri meandri dolorosi. Bisogna proprio farci qualcosa.
Qualcosa è la nel passato, dove il dolore della perdita è rimasto senza risposta, qualcosa è nel presente, dove realizzare una comunicazione più equilibrata, e qualcosa è nel futuro, dove prepararsi ad accoglie dei cambiamenti.
Che fare allora? La gelosia distrugge l’Io relazionale e l’unico antidoto è la maturità nella crescita, è il controllo delle proprie emozioni e reazioni, è l’accoglienza dei cambiamenti. E’ prendere la propria attenzione fissa e cristallizzata e attrezzarla con confini e filtri più appropriati.
L’intensità del coinvolgimento è asfissiante, toglie l’ossigeno, si respira con un’unica bocca e naso. Si cammina allo stesso ritmo e con gli stessi piedi dell’altro e quando arriva la biforcazione dei segnali quotidiani, ci si sente squarciare dentro.
Ogni segnale diventa una minaccia: uno spasimante, una foto, una frase, un comportamento ingenuo, fanno esplodere una bomba. L’amore diventa una trappola. L’altro diventa un oggetto e non più una persona, l’amato diventa un carceriere.
L’attaccamento diventa come una colla adesiva e il legame diventa di pietra. Entrambi gli amati si perdono: uno fugge e si spegne, l’altro impazzisce. Il rapporto inaugura due destini: la sofferenza e la fine.
Senza l’accensione del cervello ci si tuffa nel passato con le paure dell’abbandono, si naviga nel presente con la paranoia e si vola nel futuro con la voglia di farla finita.
Si rompono le porte di casa per cercare di spostare il dolore, si guarda il telefono per ricevere messaggi di rassicurazione e si medita la vendetta per placare tutta la rabbia.
Nessuno può veramente comprendere quel fuoco dentro, quel blocco nel torace, quelle lacrime senza interruzione. Ci si prova. Ci si calma per un po’, ma tutto si accumula e basta una goccia per impazzire, per perdersi nei propri meandri dolorosi. Bisogna proprio farci qualcosa.
Qualcosa è la nel passato, dove il dolore della perdita è rimasto senza risposta, qualcosa è nel presente, dove realizzare una comunicazione più equilibrata, e qualcosa è nel futuro, dove prepararsi ad accoglie dei cambiamenti.
Che fare allora? La gelosia distrugge l’Io relazionale e l’unico antidoto è la maturità nella crescita, è il controllo delle proprie emozioni e reazioni, è l’accoglienza dei cambiamenti. E’ prendere la propria attenzione fissa e cristallizzata e attrezzarla con confini e filtri più appropriati.