
Scelta reversibile, gioia fragile? Scelta irreversibile, gioia duratura?
Ci sono esperimenti psicologici che mettono in dubbio argomenti di consolidato buon senso.
Ad esempio, avere la libertà di scelta e avere tutto il tempo di scegliere ci possono rendere felici?
Una sperimentazione realizzata da Dan Gilbert, Psicologo di Harvard, ci aiuta a capire come l’argomento ‘scelta felice’ sia aleatorio. L’esperimento consiste nell’assegnare un compito ad un gruppo di studenti: realizzare due fotografie, una delle quali verrà consegnata ad una giuria per un premio e l’altra, la migliore, tenuta per sè. Ad un gruppo viene richiesto di scegliere in tempi rapidi e senza ritorno, all’altro vengono lasciati quattro giorni per decidere se cambiare la foto consegnata.
Risultato? Un grande rovello. Il primo gruppo, che è obbligato a decidere e a non cambiare idea è soddisfatto della propria preferenza. Il secondo gruppo, che ha tutto il tempo di decidere, in percentuale molto alta, è profondamente insoddisfatto della propria scelta.
La lezione è che i nostri desideri e le nostre preoccupazioni, le nostre scelte o le nostre decisioni, sono qualcosa a cui teniamo molto. Il problema è che a livello della neocorteccia, nel lobo frontale, abbiamo una interfaccia della realtà che continuamente ci fa inseguire, confrontare e scegliere l’esperienza che dobbiamo vivere.
La realtà pensata o immaginata è un simulatore di esperienze, per cui possiamo vivere esperienze nella nostra testa prima di sperimentarle nella vita vera. È un meraviglioso adattamento che insieme ai pollici opponibili, allo stare eretti e al linguaggio ha aiutato la nostra specie a scendere dagli alberi ed a creare quello che ha creato.
Come funziona questo stupendo simulatore di esperienza? Ci può rendere felici? La risposta è sì!
Immaginiamo due futuri alternativi e pensiamo a quale sceglieremmo: uno è vincere una grossa somma di denaro, l’altra è subire un incidente e rimanere paralizzati.
Risultato, un anno dopo sia i vincitori della lotteria che i paraplegici sono felici allo stesso modo della loro vita. Da cosa dipende sia l’errore di valutazione della nostra scelta iniziale, sia il fatto che vite così diverse possano risultare ugualmente felici? La prima valutazione dipende dall’impatto dei ‘bias’ o pregiudizi, il secondo è che il simulatore è un grande congegno di adattamento alla realtà. In questo secondo caso, anche i traumi importanti che incidano sulle persone, a distanza di tre mesi, a parte poche eccezioni, non sembrano avere alcun impatto sulla propria felicità.
Perché? Perchè la felicità può essere sintetizzata. Abbiamo questi sistemi cognitivi, largamente non-consapevoli, che ci aiutano a cambiare la nostra visione del mondo, per poterci sentire meglio riguardo ai mondi in cui ci troviamo e che potremmo definire nel loro insieme un ‘sistema immunitario psicologico’.
Ma che differenza c’è tra la felicità sintetica e la felicità naturale? Dagli esperimenti sembra davvero nulla come ci ha dimostrato il paradigma della libera scelta citato all’inizio.
Ciò che fa la differenza sono le preferenze che accordiamo ad un futuro piuttosto che ad un altro. Ma quando queste preferenze ci spingono troppo forte e troppo velocemente perché abbiamo sovrastimato la differenza tra questi futuri, siamo a rischio. Quando la nostra ambizione è entro certi confini, ci porta a lavorare con gioia. Quando la nostra ambizione è sconfinata, ci porta a mentire, ingannare, rubare, ferire gli altri, a sacrificare le cose che hanno vero valore. Quando le nostre paure sono entro certi confini, siamo prudenti, cauti, riflessivi. Quando le nostre paure sono sconfinate e fuori misura, siamo imprudenti e timorosi.
Ci sono esperimenti psicologici che mettono in dubbio argomenti di consolidato buon senso.
Ad esempio, avere la libertà di scelta e avere tutto il tempo di scegliere ci possono rendere felici?
Una sperimentazione realizzata da Dan Gilbert, Psicologo di Harvard, ci aiuta a capire come l’argomento ‘scelta felice’ sia aleatorio. L’esperimento consiste nell’assegnare un compito ad un gruppo di studenti: realizzare due fotografie, una delle quali verrà consegnata ad una giuria per un premio e l’altra, la migliore, tenuta per sè. Ad un gruppo viene richiesto di scegliere in tempi rapidi e senza ritorno, all’altro vengono lasciati quattro giorni per decidere se cambiare la foto consegnata.
Risultato? Un grande rovello. Il primo gruppo, che è obbligato a decidere e a non cambiare idea è soddisfatto della propria preferenza. Il secondo gruppo, che ha tutto il tempo di decidere, in percentuale molto alta, è profondamente insoddisfatto della propria scelta.
La lezione è che i nostri desideri e le nostre preoccupazioni, le nostre scelte o le nostre decisioni, sono qualcosa a cui teniamo molto. Il problema è che a livello della neocorteccia, nel lobo frontale, abbiamo una interfaccia della realtà che continuamente ci fa inseguire, confrontare e scegliere l’esperienza che dobbiamo vivere.
La realtà pensata o immaginata è un simulatore di esperienze, per cui possiamo vivere esperienze nella nostra testa prima di sperimentarle nella vita vera. È un meraviglioso adattamento che insieme ai pollici opponibili, allo stare eretti e al linguaggio ha aiutato la nostra specie a scendere dagli alberi ed a creare quello che ha creato.
Come funziona questo stupendo simulatore di esperienza? Ci può rendere felici? La risposta è sì!
Immaginiamo due futuri alternativi e pensiamo a quale sceglieremmo: uno è vincere una grossa somma di denaro, l’altra è subire un incidente e rimanere paralizzati.
Risultato, un anno dopo sia i vincitori della lotteria che i paraplegici sono felici allo stesso modo della loro vita. Da cosa dipende sia l’errore di valutazione della nostra scelta iniziale, sia il fatto che vite così diverse possano risultare ugualmente felici? La prima valutazione dipende dall’impatto dei ‘bias’ o pregiudizi, il secondo è che il simulatore è un grande congegno di adattamento alla realtà. In questo secondo caso, anche i traumi importanti che incidano sulle persone, a distanza di tre mesi, a parte poche eccezioni, non sembrano avere alcun impatto sulla propria felicità.
Perché? Perchè la felicità può essere sintetizzata. Abbiamo questi sistemi cognitivi, largamente non-consapevoli, che ci aiutano a cambiare la nostra visione del mondo, per poterci sentire meglio riguardo ai mondi in cui ci troviamo e che potremmo definire nel loro insieme un ‘sistema immunitario psicologico’.
Ma che differenza c’è tra la felicità sintetica e la felicità naturale? Dagli esperimenti sembra davvero nulla come ci ha dimostrato il paradigma della libera scelta citato all’inizio.
Ciò che fa la differenza sono le preferenze che accordiamo ad un futuro piuttosto che ad un altro. Ma quando queste preferenze ci spingono troppo forte e troppo velocemente perché abbiamo sovrastimato la differenza tra questi futuri, siamo a rischio. Quando la nostra ambizione è entro certi confini, ci porta a lavorare con gioia. Quando la nostra ambizione è sconfinata, ci porta a mentire, ingannare, rubare, ferire gli altri, a sacrificare le cose che hanno vero valore. Quando le nostre paure sono entro certi confini, siamo prudenti, cauti, riflessivi. Quando le nostre paure sono sconfinate e fuori misura, siamo imprudenti e timorosi.