
Nell’amore appassionato e secondogenito chi ama è talvolta sottoposto a un tritacarne di sensazioni, emozioni, rovelli, dubbi.
Molto spesso l’eros, cioè l’interesse primario di attrazione verso l’altro, è coperto da una realtà mediata dalle parole e occultato dall'attrazione che risulta inconoscibile e intellegibile. In fondo se l’altro è ‘capace’, attraverso il codice dell’amore, può far credere qualsiasi cosa all'amato: ‘ti amo, perché sei la cosa più preziosa del mondo!; 'se non ci fossi tu …!’; ‘stai tranquilla, prenderò le mie decisioni, devi solo avere pazienza, le cose sono complicate!’. Tutto vero.
La relazione però si sviluppa nella comunicazione, nelle conferme puntuali del codice amoroso che fissa le regole della felicità e del dolore. Se le comunicazioni sono rassicuranti, vicine, puntuali, bene. Se non lo sono, molto male. Purtroppo, la relazione vissuta sulla sintonia amorosa e sull’interpretazione, e non sulle idee o la realtà dell’altro che non si possono conoscere, sembrano assegnare al dialogo l’unica realtà sulla quale riflettere e meditare, amare e soffrire.
A meno che non si adotti una terza posizione, un punto di vista dove si ama per il bene dell’altro, qualsiasi cosa l'altro decida, dialogo o non dialogo, la sofferenza è assicurata. Infatti, stare nell’incertezza in modo consapevole, non risulta per niente semplice, perché non è solo un modo di osservare gli avvenimenti, è un modo di volersi bene, di amare se stessi e il bene dell’altro, a prescindere dalle azioni che possano far tremare i polsi e generare ansia.
Anzi, volere il bene dell’altro è un modo di preservare anche il bene della relazione e il proprio, non il bene ingenuo dell’abbraccio rassicurante, ma il bene del rapporto maturo che affronta le tempeste delle decisioni e della azioni.
Molto spesso l’eros, cioè l’interesse primario di attrazione verso l’altro, è coperto da una realtà mediata dalle parole e occultato dall'attrazione che risulta inconoscibile e intellegibile. In fondo se l’altro è ‘capace’, attraverso il codice dell’amore, può far credere qualsiasi cosa all'amato: ‘ti amo, perché sei la cosa più preziosa del mondo!; 'se non ci fossi tu …!’; ‘stai tranquilla, prenderò le mie decisioni, devi solo avere pazienza, le cose sono complicate!’. Tutto vero.
La relazione però si sviluppa nella comunicazione, nelle conferme puntuali del codice amoroso che fissa le regole della felicità e del dolore. Se le comunicazioni sono rassicuranti, vicine, puntuali, bene. Se non lo sono, molto male. Purtroppo, la relazione vissuta sulla sintonia amorosa e sull’interpretazione, e non sulle idee o la realtà dell’altro che non si possono conoscere, sembrano assegnare al dialogo l’unica realtà sulla quale riflettere e meditare, amare e soffrire.
A meno che non si adotti una terza posizione, un punto di vista dove si ama per il bene dell’altro, qualsiasi cosa l'altro decida, dialogo o non dialogo, la sofferenza è assicurata. Infatti, stare nell’incertezza in modo consapevole, non risulta per niente semplice, perché non è solo un modo di osservare gli avvenimenti, è un modo di volersi bene, di amare se stessi e il bene dell’altro, a prescindere dalle azioni che possano far tremare i polsi e generare ansia.
Anzi, volere il bene dell’altro è un modo di preservare anche il bene della relazione e il proprio, non il bene ingenuo dell’abbraccio rassicurante, ma il bene del rapporto maturo che affronta le tempeste delle decisioni e della azioni.