
In ogni spostamento mi accorgo che ho bisogno di ricordare almeno quattro dispositivi di ricarica (computer, tablet, cellulare, cassa del mini sound) e mi rendo conto che questi prolungamenti digitali sono ormai diventati parte della mia identità.
Per fortuna ho scelto a suo tempo una condotta limitata. Seguo alcuni siti e scrivo ma, dopo averci provato nel corso dei primi anni, mi sono detto che non riesco a rispondere con la continuità che il web necessita. Per cui oggi questo aspetto è chiaro. Comunico su Facebook, Twitter e Linkedin, ma evito di raccontare aspetti della mia vita. Preferisco produrmi in una immagine filtrata attraverso le cose che scrivo su svariati argomenti, lasciandomi la libertà di non intervenire in dibattiti di qualsiasi sorta. Mi rendo conto che i molti lettori che ogni giorno entrano nei miei siti possano essere attratti da approfondimenti e domande sugli argomenti che tratto e probabilmente sarebbero felici di interagire più intensamente. Mi accontento per ora di un ‘like’ su un articolo o un post e mi limito a risposte gentili, ma brevi, su eventuali richieste.
Faccio bene? Faccio male? Dovrei essere più interattivo? Probabilmente sì. Ma ho anche il sospetto che la mia vita sarebbe pervasa e forse invasa dai molti pensieri provenienti dall’etere come mi è successo agli albori della mia esperienza web.
Non mi nascondo peraltro che l’esperienza digitale è diventata parte della mia identità e voglio parlare di quello che credo significhi per me oggi. Domani vedremo.
Come psicologo mi interesso al sé e alle varie dimensioni simboliche della comunicazione. Come persona produco storie, racconti, interpretazioni, vivo esperienze. Come tutti posso sperimentare cose senza una storia, senza un legame, senza un intreccio. Ad esempio posso fare cose provando piacere o fare attività fisica rimanendo senza fiato. Ma il senso più ampio che riscontro nella mia vita e in quella degli altri, è come me la racconto. Soprattutto, come me la racconto nel corso del tempo.
Le esperienze che vivo si basano su esperienze dirette ma sono rappresentazioni, rielaborazioni, arricchimenti. La mia storia si sviluppa scena dopo scena in un arco di tempo di mesi e di anni. Le mie separazioni, i miei lutti, i miei cambiamenti sono i capitoli della mia vita. Ma la mia storia non sono questi capitoli, pur importanti, di cuori spezzati e felicità, di vittorie e di delusioni, ma è tramite questi, e talvolta, soprattutto, nonostante questi, che ho ritrovato il mio posto nel mondo e l’ho cambiato cercando di cambiare me stesso. Tutto sarebbe come un libro ben scritto, un blog ricco di contributi, un sito pieno di informazioni, se vivessi solo di esperienze del momento. Intensissime esperienze nucleari.
E’ vero che l’esistere supremo è nel momento e nel qui e ora della vita, ma quella parte di me che tiene ordinata la biblioteca di elaborazioni ha bisogno di diversi momenti, un'intera sequenza di momenti, ed è il motivo per cui il mio sentirmi bene ha bisogno sia di esperienze in cui immergermi sia di percepire un tempo che scorre umanamente. Lo scorrere del tempo è parte integrante di un tutto, senza il quale, non ci sarebbe la musica di sensazioni ed emozioni.
Le mie emozioni e stati d'animo spesso codificano il tempo, tra rimorso e nostalgia del passato, speranza e timore del futuro. Credo che la tecnologia abbia alterato quel flusso del tempo. Il tempo complessivo della narrazione, la durata della vita, si è allungata, ma la singola unità di misura, il momento, si è accorciato. Si è accorciato perché i nostri apparecchi ci permettono in parte di misurare unità di tempo sempre più piccole, e in cambio questo ci ha dato una comprensione più granulare del mondo materiale. Questa comprensione granulare ha generato dati che il nostro cervello non riesce più a cogliere e per i quali abbiamo bisogno di computer sempre più sofisticati. Tutto questo per dire che il divario tra quello che possiamo percepire e quello che possiamo misurare diventerà sempre più ampio. Noi possiamo rispondere solo al ritmo e al flusso della natura, al sole, alla luna e alle stagioni, e questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di quel lungo arco di tempo con il passato, il presente e il futuro per vedere le cose per quello che sono, per separare i segnali dai rumori e il sé dalle sensazioni. Abbiamo bisogno di una freccia del tempo per capire causa ed effetto, non solo nel mondo materiale, ma nelle nostre intenzioni e nelle nostre motivazioni.
Internet ha ridotto sia lo spazio che il tempo. Senza più una distinzione tra il passato, il presente e il futuro, il qui e il là, siamo rimasti con questo momento ovunque. Questo momento è diventato un adesso digitale. Ma internet archivia e deforma il passato, modifica le priorità, rende la presenza digitale qualche secondo più avanti della nostra esperienza fenomenica. Sembra che il suo obiettivo sia distrarci dal contatto con le sensazioni. Questo adesso comporta poche informazioni fisiche o psicologiche relative al nostro stato. Ogni momento digitale è un invito ad abbandonare quello che si sta facendo per andare altrove e fare qualcos'altro. Non solo l'adesso digitale è lontano dal presente, ma è in diretta competizione, e questo perché non solo sono assente io, lo siamo tutti. Lì sta la sua più grande comodità e paura.
Per carità, viaggiare con la mente può essere liberatorio, ma quando è incessante, diventiamo degli esiliati permanenti senza quiete. Scelta è libertà, ma non quando è costantemente fine a se stessa.
In qualunque momento, possiamo operare ad un ritmo e ad un passo diverso dagli altri, mantenendo l'illusione di essere inseriti nel tempo reale di ciascuno.
La tecnologia, per quanto creativa possa essere, deforma il tempo e mette alla prova il nostro cuore nel profondo. E’ vero che siamo in grado di archiviare il passato e in parte diventa difficile da dimenticare, come il momento attuale, che diventa sempre più remoto. Ci aggrappiamo alla tecnologia per fermare il tempo e invece ci rimangono una serie di momenti statici. Come bolle di sapone che spariscono quando le tocchiamo.
In altre parole, la tecnologia rischia di minacciare nel profondo il flusso dell’esperienza e dell'amore. Ma non dobbiamo lasciare che accada. Possiamo scegliere altrimenti. Nelle nostre vite e nelle nostre azioni, possiamo scegliere quelle soluzioni, quelle innovazioni e quei momenti che ristabiliscono il flusso del tempo invece di frammentarlo. Possiamo rallentare e sintonizzarci con l'alternarsi del tempo. Possiamo scegliere di riprenderci il tempo.
La sfida sarà quella di vivere in due flussi di tempo paralleli e quasi simultanei dove il nostro sé possa trovare nuove forme di completezza. Il sé che vive nel lungo arco narrativo e il sé che sperimenta il momento presente e riscopre nel passato una promessa di futuro con attenzione e amore.
Per fortuna ho scelto a suo tempo una condotta limitata. Seguo alcuni siti e scrivo ma, dopo averci provato nel corso dei primi anni, mi sono detto che non riesco a rispondere con la continuità che il web necessita. Per cui oggi questo aspetto è chiaro. Comunico su Facebook, Twitter e Linkedin, ma evito di raccontare aspetti della mia vita. Preferisco produrmi in una immagine filtrata attraverso le cose che scrivo su svariati argomenti, lasciandomi la libertà di non intervenire in dibattiti di qualsiasi sorta. Mi rendo conto che i molti lettori che ogni giorno entrano nei miei siti possano essere attratti da approfondimenti e domande sugli argomenti che tratto e probabilmente sarebbero felici di interagire più intensamente. Mi accontento per ora di un ‘like’ su un articolo o un post e mi limito a risposte gentili, ma brevi, su eventuali richieste.
Faccio bene? Faccio male? Dovrei essere più interattivo? Probabilmente sì. Ma ho anche il sospetto che la mia vita sarebbe pervasa e forse invasa dai molti pensieri provenienti dall’etere come mi è successo agli albori della mia esperienza web.
Non mi nascondo peraltro che l’esperienza digitale è diventata parte della mia identità e voglio parlare di quello che credo significhi per me oggi. Domani vedremo.
Come psicologo mi interesso al sé e alle varie dimensioni simboliche della comunicazione. Come persona produco storie, racconti, interpretazioni, vivo esperienze. Come tutti posso sperimentare cose senza una storia, senza un legame, senza un intreccio. Ad esempio posso fare cose provando piacere o fare attività fisica rimanendo senza fiato. Ma il senso più ampio che riscontro nella mia vita e in quella degli altri, è come me la racconto. Soprattutto, come me la racconto nel corso del tempo.
Le esperienze che vivo si basano su esperienze dirette ma sono rappresentazioni, rielaborazioni, arricchimenti. La mia storia si sviluppa scena dopo scena in un arco di tempo di mesi e di anni. Le mie separazioni, i miei lutti, i miei cambiamenti sono i capitoli della mia vita. Ma la mia storia non sono questi capitoli, pur importanti, di cuori spezzati e felicità, di vittorie e di delusioni, ma è tramite questi, e talvolta, soprattutto, nonostante questi, che ho ritrovato il mio posto nel mondo e l’ho cambiato cercando di cambiare me stesso. Tutto sarebbe come un libro ben scritto, un blog ricco di contributi, un sito pieno di informazioni, se vivessi solo di esperienze del momento. Intensissime esperienze nucleari.
E’ vero che l’esistere supremo è nel momento e nel qui e ora della vita, ma quella parte di me che tiene ordinata la biblioteca di elaborazioni ha bisogno di diversi momenti, un'intera sequenza di momenti, ed è il motivo per cui il mio sentirmi bene ha bisogno sia di esperienze in cui immergermi sia di percepire un tempo che scorre umanamente. Lo scorrere del tempo è parte integrante di un tutto, senza il quale, non ci sarebbe la musica di sensazioni ed emozioni.
Le mie emozioni e stati d'animo spesso codificano il tempo, tra rimorso e nostalgia del passato, speranza e timore del futuro. Credo che la tecnologia abbia alterato quel flusso del tempo. Il tempo complessivo della narrazione, la durata della vita, si è allungata, ma la singola unità di misura, il momento, si è accorciato. Si è accorciato perché i nostri apparecchi ci permettono in parte di misurare unità di tempo sempre più piccole, e in cambio questo ci ha dato una comprensione più granulare del mondo materiale. Questa comprensione granulare ha generato dati che il nostro cervello non riesce più a cogliere e per i quali abbiamo bisogno di computer sempre più sofisticati. Tutto questo per dire che il divario tra quello che possiamo percepire e quello che possiamo misurare diventerà sempre più ampio. Noi possiamo rispondere solo al ritmo e al flusso della natura, al sole, alla luna e alle stagioni, e questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di quel lungo arco di tempo con il passato, il presente e il futuro per vedere le cose per quello che sono, per separare i segnali dai rumori e il sé dalle sensazioni. Abbiamo bisogno di una freccia del tempo per capire causa ed effetto, non solo nel mondo materiale, ma nelle nostre intenzioni e nelle nostre motivazioni.
Internet ha ridotto sia lo spazio che il tempo. Senza più una distinzione tra il passato, il presente e il futuro, il qui e il là, siamo rimasti con questo momento ovunque. Questo momento è diventato un adesso digitale. Ma internet archivia e deforma il passato, modifica le priorità, rende la presenza digitale qualche secondo più avanti della nostra esperienza fenomenica. Sembra che il suo obiettivo sia distrarci dal contatto con le sensazioni. Questo adesso comporta poche informazioni fisiche o psicologiche relative al nostro stato. Ogni momento digitale è un invito ad abbandonare quello che si sta facendo per andare altrove e fare qualcos'altro. Non solo l'adesso digitale è lontano dal presente, ma è in diretta competizione, e questo perché non solo sono assente io, lo siamo tutti. Lì sta la sua più grande comodità e paura.
Per carità, viaggiare con la mente può essere liberatorio, ma quando è incessante, diventiamo degli esiliati permanenti senza quiete. Scelta è libertà, ma non quando è costantemente fine a se stessa.
In qualunque momento, possiamo operare ad un ritmo e ad un passo diverso dagli altri, mantenendo l'illusione di essere inseriti nel tempo reale di ciascuno.
La tecnologia, per quanto creativa possa essere, deforma il tempo e mette alla prova il nostro cuore nel profondo. E’ vero che siamo in grado di archiviare il passato e in parte diventa difficile da dimenticare, come il momento attuale, che diventa sempre più remoto. Ci aggrappiamo alla tecnologia per fermare il tempo e invece ci rimangono una serie di momenti statici. Come bolle di sapone che spariscono quando le tocchiamo.
In altre parole, la tecnologia rischia di minacciare nel profondo il flusso dell’esperienza e dell'amore. Ma non dobbiamo lasciare che accada. Possiamo scegliere altrimenti. Nelle nostre vite e nelle nostre azioni, possiamo scegliere quelle soluzioni, quelle innovazioni e quei momenti che ristabiliscono il flusso del tempo invece di frammentarlo. Possiamo rallentare e sintonizzarci con l'alternarsi del tempo. Possiamo scegliere di riprenderci il tempo.
La sfida sarà quella di vivere in due flussi di tempo paralleli e quasi simultanei dove il nostro sé possa trovare nuove forme di completezza. Il sé che vive nel lungo arco narrativo e il sé che sperimenta il momento presente e riscopre nel passato una promessa di futuro con attenzione e amore.