
La gravidanza arriva nel momento meno appropriato, dopo un periodo di piacevole relax. La notizia è sconvolgente e la decisione dei protagonisti oscilla tra ‘non siamo pronti’ e ‘non ci sono le condizioni’.
La gravidanza travolge la vita personale orientata al controllo, all’autonomia e alla libertà, e diventa paura di non saper gestire situazioni definitive, ansia della maternità, dipendenza da situazioni incerte, rifiuto di provare emozioni che affiorano dal passato e timore di far soffrire una creatura.
Ma investe anche la vita di coppia che sostenuta da fragilità reciproche, ideali d’amore e diversità, oscilla tra la sfida della maturità personale, il cambiamento di certe modalità comunicative e l’abbandono.
Qualsiasi scelta, comunque vada, causerà importanti cambiamenti in ciascuno dei protagonisti.
Scelte importanti come quella di proseguire o meno una gravidanza, seguono le orme dei segnali e ‘presagi’ quotidiani, corporei, ambientali e relazionali. E non potrebbe essere diversamente perché lo spazio nel quale si vive è popolato di tutti questi movimenti generativi. E’ la nostra vita.
Certo, per decidere non si vorrebbe avere le pressioni di un mondo che fa sentire in colpa, che fa pensare che non si potrà più vivere bene o che mancherà qualcosa di cui ci si pentirà.
Quando iniziano i pensieri, le prime sensazioni e dolori, la sofferenza di una scelta imposta non permette di apprezzare serenamente il ’miracolo della vita’. La frenesia di un mondo che rivendica la perfezione, rischia di trasformare chi siamo in qualcuno che non riconosciamo più. Senza più libertà di fare, di dire, di pensare, di essere.
Un inquilino che occupa spazio senza il nostro permesso e senza il desiderio di averlo dentro, invita più a lasciare che a tenere, e apre a un grande dibattito interiore tra responsabilità e colpa: credere che ‘un figlio sia la cosa più bella del mondo’ e credere che ‘senza figli non si è nessuno’.
Il problema sarà quello di sapersi accettare qualsiasi scelta si faccia: stare bene con se stessi, con l’altro e con il mondo, mentre si vivono le tensioni di una vita che è piena di alternative. Compresa quella di non volerla cambiare.
La gravidanza travolge la vita personale orientata al controllo, all’autonomia e alla libertà, e diventa paura di non saper gestire situazioni definitive, ansia della maternità, dipendenza da situazioni incerte, rifiuto di provare emozioni che affiorano dal passato e timore di far soffrire una creatura.
Ma investe anche la vita di coppia che sostenuta da fragilità reciproche, ideali d’amore e diversità, oscilla tra la sfida della maturità personale, il cambiamento di certe modalità comunicative e l’abbandono.
Qualsiasi scelta, comunque vada, causerà importanti cambiamenti in ciascuno dei protagonisti.
Scelte importanti come quella di proseguire o meno una gravidanza, seguono le orme dei segnali e ‘presagi’ quotidiani, corporei, ambientali e relazionali. E non potrebbe essere diversamente perché lo spazio nel quale si vive è popolato di tutti questi movimenti generativi. E’ la nostra vita.
Certo, per decidere non si vorrebbe avere le pressioni di un mondo che fa sentire in colpa, che fa pensare che non si potrà più vivere bene o che mancherà qualcosa di cui ci si pentirà.
Quando iniziano i pensieri, le prime sensazioni e dolori, la sofferenza di una scelta imposta non permette di apprezzare serenamente il ’miracolo della vita’. La frenesia di un mondo che rivendica la perfezione, rischia di trasformare chi siamo in qualcuno che non riconosciamo più. Senza più libertà di fare, di dire, di pensare, di essere.
Un inquilino che occupa spazio senza il nostro permesso e senza il desiderio di averlo dentro, invita più a lasciare che a tenere, e apre a un grande dibattito interiore tra responsabilità e colpa: credere che ‘un figlio sia la cosa più bella del mondo’ e credere che ‘senza figli non si è nessuno’.
Il problema sarà quello di sapersi accettare qualsiasi scelta si faccia: stare bene con se stessi, con l’altro e con il mondo, mentre si vivono le tensioni di una vita che è piena di alternative. Compresa quella di non volerla cambiare.