
Ci sono genitori super attenti e informati che vengono sbriciolati da certi fine settimana trascorsi con i figli: vengono sconvolti e travolti da una libertà senza regole.
Inciampano sulle convulsioni del ‘voglio, voglio!’ dei figli e crollano sulle contorsioni urlanti delle piccole aquile. Sono candidati ideali ai corsi di recupero di terapia famigliare. E non se ne rendono conto.
La speranza? Che il figlio non faccia i capricci! Ma quando il Dio bambino di tre anni alza la voce, urla, frigna, inizia un gioco e poi lascia in disordine, etc. etc., il genitore si smaterializza, si frantuma, diventa succube e giullare del principino.
Il bambino sotto i baffi, ghigna e pensa ‘ma quanto sono bravo ad addestrare i miei genitori!?’
E’ vero, i bambini hanno bisogno di muoversi. Per loro è una necessità irresistibile e naturale. Hanno bisogno di essere accompagnati a costruire qualcosa che li aiuti a fare (giocare, travasare, vestirsi, spogliarsi, sfogliare un libro …), ma soprattutto hanno bisogno di essere educati e orientati (rimettere in ordine, usare le buone maniere e stare nelle regole).
Se un genitore non ha regole chiare e un piano per realizzare buoni equilibri tra corridoi (regole) e praterie (libertà), il suo ruolo si confonde tra solitudine e assenza.
Genitori si diventa e abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci indichi la strada o che ci faccia notare gli sbagli.
Una volta l’addestramento avveniva nel nucleo familiare, tra nonna, mamma e nipote. Ora si vive la genitorialità in grande solitudine e crisi. E nella crisi c'è bisogno di un pensiero positivo. Non più debolezza e sconfitta, fragilità e negatività. Ma un pensiero positivo in grado di costruire un pensiero-progetto. Denso. Forte di valori e di una comunicazione evoluta. Carico di vita e di esperienza.
Per questo è necessario condividere: scambiarsi vissuti, esperienze, paure, soluzioni. Non temere di chiedere aiuto, aiutarsi e non perdersi di fronte alle difficoltà.
Inciampano sulle convulsioni del ‘voglio, voglio!’ dei figli e crollano sulle contorsioni urlanti delle piccole aquile. Sono candidati ideali ai corsi di recupero di terapia famigliare. E non se ne rendono conto.
La speranza? Che il figlio non faccia i capricci! Ma quando il Dio bambino di tre anni alza la voce, urla, frigna, inizia un gioco e poi lascia in disordine, etc. etc., il genitore si smaterializza, si frantuma, diventa succube e giullare del principino.
Il bambino sotto i baffi, ghigna e pensa ‘ma quanto sono bravo ad addestrare i miei genitori!?’
E’ vero, i bambini hanno bisogno di muoversi. Per loro è una necessità irresistibile e naturale. Hanno bisogno di essere accompagnati a costruire qualcosa che li aiuti a fare (giocare, travasare, vestirsi, spogliarsi, sfogliare un libro …), ma soprattutto hanno bisogno di essere educati e orientati (rimettere in ordine, usare le buone maniere e stare nelle regole).
Se un genitore non ha regole chiare e un piano per realizzare buoni equilibri tra corridoi (regole) e praterie (libertà), il suo ruolo si confonde tra solitudine e assenza.
Genitori si diventa e abbiamo tutti bisogno di qualcuno che ci indichi la strada o che ci faccia notare gli sbagli.
Una volta l’addestramento avveniva nel nucleo familiare, tra nonna, mamma e nipote. Ora si vive la genitorialità in grande solitudine e crisi. E nella crisi c'è bisogno di un pensiero positivo. Non più debolezza e sconfitta, fragilità e negatività. Ma un pensiero positivo in grado di costruire un pensiero-progetto. Denso. Forte di valori e di una comunicazione evoluta. Carico di vita e di esperienza.
Per questo è necessario condividere: scambiarsi vissuti, esperienze, paure, soluzioni. Non temere di chiedere aiuto, aiutarsi e non perdersi di fronte alle difficoltà.