
Porci agli altri in modo ipercritico, frenetico, aggressivo arriva da lontano: sentiamo il bisogno di mettere alla prova le persone che amiamo, o che riteniamo siano nel campo speciale delle nostre attenzioni. Diciamo ‘mio’ appena incrociamo quelle realtà, quelle relazioni, quelle prospettive. E le vincoliamo.
Il fatto è che non comprendendo i nostri bisogni più intimi, quelle pretese o quei bisogni insoddisfatti che arrivano da lontano, generano ansia, controllo, idealizzazioni, e impediscono ciò che si vorrebbe di più: riconoscimento, crescita personale e atteggiamenti adulti. La conseguenza? Arrabbiarsi troppo spesso, fa perdere di vista il punto focale.
Il punto è che, anche attraverso esperienze faticose di conflitto, tensione, crisi, si diventa adulti. Talvolta in un modo che non piace affatto.
Per crescere, si vorrebbero cose ragionevoli: tempi di recupero, spazi fisici, distanze psicologiche e tempistiche organizzative; buone interpretazioni del passato per comprendere il presente; un baricentro interiore e una buona delega di fiducia agli altri. Peccato che tutto ciò avvenga nella confusione più totale, con reazioni sbagliate, con mezzi e strategie ‘urgenti’, senza un GPS interiore, senza una mappa delle priorità, senza una strada chiara da seguire.
Alla parte emotiva ed esuberante, servirebbero non gli stop giornalieri, ma settimanali, forse mensili, magari annuali, per non sverniciare l’altro, chiunque altro, e passare dalle critiche e richieste eccessive alla consapevolezza delle proprie priorità. Non serve arrivare al punto di dire ‘se vado avanti così, domani muoio!’, basta migliorare l’autocontrollo, la razionalità e far diventare molte delle ansie che abbiamo, un bel metodo di ‘affanc...’ salutari.
E’ vero che, a volte, la nostra empatia, da giugulare a giugulare, si esprimerebbe meglio con l’arrabbiatura, ma non è molto utile per affrontare gli attacchi di panico, le giravolte notturne o i viaggi interiori in mezzo al nulla.
Il fatto è che non comprendendo i nostri bisogni più intimi, quelle pretese o quei bisogni insoddisfatti che arrivano da lontano, generano ansia, controllo, idealizzazioni, e impediscono ciò che si vorrebbe di più: riconoscimento, crescita personale e atteggiamenti adulti. La conseguenza? Arrabbiarsi troppo spesso, fa perdere di vista il punto focale.
Il punto è che, anche attraverso esperienze faticose di conflitto, tensione, crisi, si diventa adulti. Talvolta in un modo che non piace affatto.
Per crescere, si vorrebbero cose ragionevoli: tempi di recupero, spazi fisici, distanze psicologiche e tempistiche organizzative; buone interpretazioni del passato per comprendere il presente; un baricentro interiore e una buona delega di fiducia agli altri. Peccato che tutto ciò avvenga nella confusione più totale, con reazioni sbagliate, con mezzi e strategie ‘urgenti’, senza un GPS interiore, senza una mappa delle priorità, senza una strada chiara da seguire.
Alla parte emotiva ed esuberante, servirebbero non gli stop giornalieri, ma settimanali, forse mensili, magari annuali, per non sverniciare l’altro, chiunque altro, e passare dalle critiche e richieste eccessive alla consapevolezza delle proprie priorità. Non serve arrivare al punto di dire ‘se vado avanti così, domani muoio!’, basta migliorare l’autocontrollo, la razionalità e far diventare molte delle ansie che abbiamo, un bel metodo di ‘affanc...’ salutari.
E’ vero che, a volte, la nostra empatia, da giugulare a giugulare, si esprimerebbe meglio con l’arrabbiatura, ma non è molto utile per affrontare gli attacchi di panico, le giravolte notturne o i viaggi interiori in mezzo al nulla.