
Mi risuona nel corpo e nella testa l’emozione e l’esperienza del lutto vissuto di recente da un amico. Quelle telefonate al 118, quell’immagine di rianimazione infinita, quel dolore dei famigliari. E le urla. Quelle urla strazianti che gridano di sorpresa e di dolore e che hanno invaso il tempo e lo spazio, fermandolo.
Riflettendo su queste esperienze e altre che vediamo in cronaca ogni giorno, mi chiedo? E’ utile il dolore? Si riesce ad accompagnarlo, viverlo e trasformarlo?
Il dolore fisico (dal peso che si avverte nel petto e che sembra influenzare il respiro e la circolazione, alla tenaglia che stringe la testa e che sembra superare ogni limite di smarrimento e oppressione), in genere, passa quando si individuano la cause fisiologiche. Anche il dolore psicologico, dal canto suo, che viene scandito dall’estraneità da se stessi e dal mondo, ha una causa che va individuata, rintracciata e risolta.
Non nella realtà che non si può cambiare, ma dentro, nelle cellule smarrite della coscienza.
Quando il dolore interiore origina da uno stato di impotenza, all’interno del quale qualsiasi percorso del ‘fare’ diventa senza direzione e senza vita, si tratta di rintracciare i legami che immobilizzano l’essere e gli impediscono di agire.
I legami spezzati, che finiscono in ‘solitudine’ e isolamento, ci invitano a ritrovare un sentimento di amore reale per se stessi.
Certe esperienze angoscianti, ci invitano a scoprire la vera preziosità del nostro essere, il funzionamento del nostro corpo, l’unicità e la vastità dei nostri sentimenti, insieme alla grazia del poter vedere, sentire, toccare il mondo.
Con lo sguardo liberatore della coscienza, il dolore psichico diventa allora una chiave di volta, il prodotto originale e imprescindibile, forse la garanzia di accettazione, della nostra originalità umana: la possibilità di trasformare il dolore in un capolavoro di vita inedita.
Riflettendo su queste esperienze e altre che vediamo in cronaca ogni giorno, mi chiedo? E’ utile il dolore? Si riesce ad accompagnarlo, viverlo e trasformarlo?
Il dolore fisico (dal peso che si avverte nel petto e che sembra influenzare il respiro e la circolazione, alla tenaglia che stringe la testa e che sembra superare ogni limite di smarrimento e oppressione), in genere, passa quando si individuano la cause fisiologiche. Anche il dolore psicologico, dal canto suo, che viene scandito dall’estraneità da se stessi e dal mondo, ha una causa che va individuata, rintracciata e risolta.
Non nella realtà che non si può cambiare, ma dentro, nelle cellule smarrite della coscienza.
Quando il dolore interiore origina da uno stato di impotenza, all’interno del quale qualsiasi percorso del ‘fare’ diventa senza direzione e senza vita, si tratta di rintracciare i legami che immobilizzano l’essere e gli impediscono di agire.
I legami spezzati, che finiscono in ‘solitudine’ e isolamento, ci invitano a ritrovare un sentimento di amore reale per se stessi.
Certe esperienze angoscianti, ci invitano a scoprire la vera preziosità del nostro essere, il funzionamento del nostro corpo, l’unicità e la vastità dei nostri sentimenti, insieme alla grazia del poter vedere, sentire, toccare il mondo.
Con lo sguardo liberatore della coscienza, il dolore psichico diventa allora una chiave di volta, il prodotto originale e imprescindibile, forse la garanzia di accettazione, della nostra originalità umana: la possibilità di trasformare il dolore in un capolavoro di vita inedita.