
Via telefono o via web, l’agguato o il pedinamento producono un malessere profondo. La vittima dello stalking e lo stalker, soffrono insieme.
La vittima vive ansia e paura, che si riflettono nelle normali attività quotidiane. Il persecutore, dentro il suo cupo cono d’ombra, molesta e cerca una relazione invasiva e malata. Cerca una reazione dalla vittima, per rispondere alla sua paura del distacco e alle sue emozioni disorganizzate. Per farlo, esercita un potere di controllo sul comportamento dell’altro. La sua richiesta intima è quella di mantenere un legame esclusivo all’interno di un sistema di attaccamento angosciante, tormentato, assillante.
Che sia un ex partner risentito, che pensa di aver ricevuto un danno, un molestatore, che confonde la vicinanza o la confidenzialità con l’affetto, un corteggiatore imbranato o un predatore sessuale, lo sfondo è quello di una persona che non ha evoluto il senso dell’Io, del Tu, del Noi. E non ha regole interiori chiare e differenziate.
Tale confusione psico-emotiva, genera nella vittima uno stress psicologico: l’idea di essere entrato in un incubo, con il dubbio di aver fatto qualcosa di cui vergognarsi e sentirsi in colpa.
E’ difficile rimanere neutrali, ma se la cosa non è particolarmente grave (in quei casi è bene chiedere aiuto e soccorso), è meglio rimanere cauti nelle reazioni, sia di rabbia che di disprezzo.
E’ meglio adottare comportamenti adulti, rispettosi del dolore dell’altro e consapevoli che la recrudescenza non aiuta.
Bisogna leggere oltre le barriere del ’rumore’ e cogliere il disagio dell’altro in modo paradossale. Non dobbiamo diventare parte del problema con risposte più o meno arrabbiate e/o aggressive, bensì possiamo e dobbiamo esserne la soluzione.
La vittima vive ansia e paura, che si riflettono nelle normali attività quotidiane. Il persecutore, dentro il suo cupo cono d’ombra, molesta e cerca una relazione invasiva e malata. Cerca una reazione dalla vittima, per rispondere alla sua paura del distacco e alle sue emozioni disorganizzate. Per farlo, esercita un potere di controllo sul comportamento dell’altro. La sua richiesta intima è quella di mantenere un legame esclusivo all’interno di un sistema di attaccamento angosciante, tormentato, assillante.
Che sia un ex partner risentito, che pensa di aver ricevuto un danno, un molestatore, che confonde la vicinanza o la confidenzialità con l’affetto, un corteggiatore imbranato o un predatore sessuale, lo sfondo è quello di una persona che non ha evoluto il senso dell’Io, del Tu, del Noi. E non ha regole interiori chiare e differenziate.
Tale confusione psico-emotiva, genera nella vittima uno stress psicologico: l’idea di essere entrato in un incubo, con il dubbio di aver fatto qualcosa di cui vergognarsi e sentirsi in colpa.
E’ difficile rimanere neutrali, ma se la cosa non è particolarmente grave (in quei casi è bene chiedere aiuto e soccorso), è meglio rimanere cauti nelle reazioni, sia di rabbia che di disprezzo.
E’ meglio adottare comportamenti adulti, rispettosi del dolore dell’altro e consapevoli che la recrudescenza non aiuta.
Bisogna leggere oltre le barriere del ’rumore’ e cogliere il disagio dell’altro in modo paradossale. Non dobbiamo diventare parte del problema con risposte più o meno arrabbiate e/o aggressive, bensì possiamo e dobbiamo esserne la soluzione.