
Anche se ci sono gli amici a dare sostegno e incoraggiamento, la famiglia a dare un aiuto e una vicinanza tangibili. i figli a dare affetto e soddisfazioni, il lavoro ad impegnare pienamente, le viscere del legame d’amore sono attorcigliate.
Ci sono ottime ragioni per essere arrabbiati: i valori traditi, la famiglia divisa, la separazione, i ricordi corrosivi. E ci sono altrettante emozioni che non trovano risposte: la solitudine, la paura, il vuoto.
E’ un continuo oscillare tra comportamenti ragionevoli dove ‘è giusto fare questo perché è per il bene comune, è per i figli. E perché è corretto fare così, non vorrei diversamente’; e comportamenti caotici come ‘non dovevo farlo, ma l’ho fatto. So che ho sbagliato, ma è andata così’.
Trovo sia normale, per un certo periodo di tempo, osservare la corsa folle dell’ascensore che transita dalle emozioni più arcaiche e disperate ai ragionamenti più lucidi. Ma credo sia importante, per i protagonisti, riconoscere quei piccoli segnali di stazionamento che fanno stare bene, che rimettono sul piatto le cose non dette, che riformulano il lessico della coppia e che rappresentano il timido ma forte passo verso una nuova metafora della vita.
Penso ad un ‘taglia e cuci’, ogni volta che si vivono pugnalate emotive, di cui si prende atto, sia della ferita che della pazienza necessaria per ricucirla.
C’è sempre un’intenzione positiva in ogni comportamento negativo. Se talvolta si mette il cuore sul piatto per dire ‘mi manchi’, l’intenzione positiva è che si cerca l’apertura. Probabilmente non dell’amato ormai fuggito, ma del mondo che si avvicina.
Si è solamente sbagliato bersaglio.