
La fatica di dire le cose è dovuta certamente al proprio carattere, che si vorrebbe forte, capace, orgoglioso, ma più spesso è dovuta alla complessità delle situazioni: figli, marito, genitori, suoceri, problemi economici, relazioni.
Magari le idee sono chiare: ‘non è il marito giusto per me, mi vedo sola, voglio essere felice, voglio il mio equilibrio economico’. Il problema è dirlo al marito, ai figli, ai genitori. Cioè a persone reali che reagiscono con forza, con dolore, con violenza. E il coraggio, da solo non basta.
La confusione che si vive dentro è proprio questa, avere le idee chiare, ma accorgersi di avere un conflitto con il marito, con i genitori, con se stessi.
Capisco che si vorrebbe il miracoloso ‘parlare e andare via’. Invece, quando si parla, si deve rimanere per rispondere, confrontarsi, chiarificarsi. Insomma si ‘tocca un vespaio’ dalle innumerevoli conseguenze. E questo genera un enorme zibaldone.
Purtroppo, più si è in confusione più si perde il controllo e il confronto mette a dura prova. In altre parole, messi sotto interrogatorio si potrebbe parlare come usignoli e far diventare le proprie decisioni semplice fumo con cui arrostirsi.
Se negli anni la strategia principale dei propri disagi è stato il silenzio, quando si comincia a parlare, se si dilaga, non ci si accorge subito che il sasso tirato nello stagno era invece una rivelazione.
E allora occorre veramente chiarire i piani del proprio sentire: fermarsi, riflettere e mettere un po’ di ordine nelle idee.
Mi sembra ragionevole fermare il gioco, prendere un minuto di pausa e cominciare da cose semplici, ma non troppo, come ‘dire cosa penso, cosa voglio, cosa non mi va bene’.
E’ una grande fatica, me ne rendo conto, ma è meglio cominciare dall’essere se stessi, il più presto possibile, perché il resto verrà più facilmente.
Magari le idee sono chiare: ‘non è il marito giusto per me, mi vedo sola, voglio essere felice, voglio il mio equilibrio economico’. Il problema è dirlo al marito, ai figli, ai genitori. Cioè a persone reali che reagiscono con forza, con dolore, con violenza. E il coraggio, da solo non basta.
La confusione che si vive dentro è proprio questa, avere le idee chiare, ma accorgersi di avere un conflitto con il marito, con i genitori, con se stessi.
Capisco che si vorrebbe il miracoloso ‘parlare e andare via’. Invece, quando si parla, si deve rimanere per rispondere, confrontarsi, chiarificarsi. Insomma si ‘tocca un vespaio’ dalle innumerevoli conseguenze. E questo genera un enorme zibaldone.
Purtroppo, più si è in confusione più si perde il controllo e il confronto mette a dura prova. In altre parole, messi sotto interrogatorio si potrebbe parlare come usignoli e far diventare le proprie decisioni semplice fumo con cui arrostirsi.
Se negli anni la strategia principale dei propri disagi è stato il silenzio, quando si comincia a parlare, se si dilaga, non ci si accorge subito che il sasso tirato nello stagno era invece una rivelazione.
E allora occorre veramente chiarire i piani del proprio sentire: fermarsi, riflettere e mettere un po’ di ordine nelle idee.
Mi sembra ragionevole fermare il gioco, prendere un minuto di pausa e cominciare da cose semplici, ma non troppo, come ‘dire cosa penso, cosa voglio, cosa non mi va bene’.
E’ una grande fatica, me ne rendo conto, ma è meglio cominciare dall’essere se stessi, il più presto possibile, perché il resto verrà più facilmente.