
I genitori protettivi sono naturalmente portati a tutelare la figlia che si è separata. E’ quindi normale che un genitore chieda alla figlia di chiudere definitivamente i ponti con il marito, di organizzare in modo rigido le consegne dei figli e di sorvegliare un dialogo ridotto al minimo.
Credo sia nelle regole che, dopo l’operazione a cuore aperto della separazione, ci sia la terapia intensiva, la camera di rianimazione sempre pronta e un periodo di convalescenza prolungato. E quindi, ci sta che la fine di una storia sia corredata di tutta la riabilitazione possibile.
Ma se la riabilitazione passa attraverso la metafora del tradimento e della figlia abbandonata, dipendente e bisognosa, i passi della cura saranno lenti e poco maturativi. Se invece si punterà sulla fiducia, sulle risorse personali e sui valori, la fisioterapia mentale rinforzerà il muscolo della coscienza, ed emergerà con soddisfazione la trasformazione delle emozioni che hanno determinato la fine di un amore.
Il dolore, la rabbia e la solitudine, si trasformeranno in qualcosa di creativo. Invece di scagliarsi verso un bersaglio (il marito, i figli, il mondo), le emozioni cominceranno a creare qualcosa: una risata, un poesia, un nuovo futuro.
Il desiderio di raggiungere uno scopo (ritrovare il marito o fargliela pagare), si tradurrà in un modo di amare che riconoscerà i tasselli mancanti e lascerà il ’folle attaccamento’ per non essere dipendenti che da verità più salutari. Si scoprirà di essere debitori solo e soltanto alla propria coscienza interiore dove la considerazione delle esperienze che accadono è massima: servono per trasformarci in meglio.
La separazione è sempre conflitto e lotta delle parti, ma è anche il seme dell’unione delle parti che, se anche sono rimaste incompiute, si sono arrese all’esistenza. Ai genitori non rimane che l’occasione di essere pronti a completare l’opera di educatori verso i propri figli nell'insegnare l’accoglienza dei problemi che nascono dalle loro motivazioni interiori, fino alla loro consapevole liberazione.
Credo sia nelle regole che, dopo l’operazione a cuore aperto della separazione, ci sia la terapia intensiva, la camera di rianimazione sempre pronta e un periodo di convalescenza prolungato. E quindi, ci sta che la fine di una storia sia corredata di tutta la riabilitazione possibile.
Ma se la riabilitazione passa attraverso la metafora del tradimento e della figlia abbandonata, dipendente e bisognosa, i passi della cura saranno lenti e poco maturativi. Se invece si punterà sulla fiducia, sulle risorse personali e sui valori, la fisioterapia mentale rinforzerà il muscolo della coscienza, ed emergerà con soddisfazione la trasformazione delle emozioni che hanno determinato la fine di un amore.
Il dolore, la rabbia e la solitudine, si trasformeranno in qualcosa di creativo. Invece di scagliarsi verso un bersaglio (il marito, i figli, il mondo), le emozioni cominceranno a creare qualcosa: una risata, un poesia, un nuovo futuro.
Il desiderio di raggiungere uno scopo (ritrovare il marito o fargliela pagare), si tradurrà in un modo di amare che riconoscerà i tasselli mancanti e lascerà il ’folle attaccamento’ per non essere dipendenti che da verità più salutari. Si scoprirà di essere debitori solo e soltanto alla propria coscienza interiore dove la considerazione delle esperienze che accadono è massima: servono per trasformarci in meglio.
La separazione è sempre conflitto e lotta delle parti, ma è anche il seme dell’unione delle parti che, se anche sono rimaste incompiute, si sono arrese all’esistenza. Ai genitori non rimane che l’occasione di essere pronti a completare l’opera di educatori verso i propri figli nell'insegnare l’accoglienza dei problemi che nascono dalle loro motivazioni interiori, fino alla loro consapevole liberazione.