
E’ già difficile vivere per se stessi con qualità il proprio tempo: pianificarlo, organizzarlo, condividerlo, goderlo. Ma è ancora più difficile convincere, stimolare, talvolta trascinare, il compagno/a fuori dalla sua pigrizia.
Fosse solo pigrizia! Il problema è che a volte è preclusione: 'a che serve?, non lo trovo adatto, né utile!’. ‘Ma proprio li dobbiamo andare?’
Non è facile convincere qualcuno che ‘vivere è bello!’.
Ognuno di noi è attaccato alle proprie certezze e alla piramide di specifici bisogni, ma come si fa ad essere liberi di essere se stessi, sempre e in compagnia?
Forse basta poco. Accade quando facciamo qualcosa che ci piace e magari, successivamente, lo condividiamo. E lo coltiviamo.
Nel dubbio, basta fare esperienze e giudicarle solo alla fine. Certamente, è necessario pensare del tempo in modo sensoriale, facendosi trasportare da vie di fuga rigeneranti.
Magari sono chilometri a piedi o in bicicletta, immersi nel silenzio della natura o nei rumori della notte di una camerata. Forse si saggiano spazi nuovi e persone sconosciute. Probabilmente si sperimentano cose essenziali, che se da una parte deprimono i doveri, dall'altra liberano le risate del corpo. Chissà!
Certo, non va bene vivere la vita di 80 anni a 40: passeggiate, televisione, immagine sociale, doveri, binari e rotaie nelle quali ci si lascia trasportare.
Tagghiamo il nostro corpo, facciamo la mappa dei nostri pensieri e individuiamo i percorsi per sentirci felici. Inventiamo un diario creativo dei nostri bisogni e di come possiamo soddisfarli. E quando li abbiamo scritti, sentiamo se ci muovono qualcosa dentro. Non deve costare un sacrificio, basta che il corpo respiri e sorrida.
Cerchiamo qualcosa che ci faccia godere più realtà: silenzio, semplicità, natura, risata, esperienza. Tutto!
Per farlo ci si deve riconnettere, percepire l’armonia dei sensi e quando la gustiamo volta per volta, accettare i meravigliosi consigli del corpo: maestro di musica.
Fosse solo pigrizia! Il problema è che a volte è preclusione: 'a che serve?, non lo trovo adatto, né utile!’. ‘Ma proprio li dobbiamo andare?’
Non è facile convincere qualcuno che ‘vivere è bello!’.
Ognuno di noi è attaccato alle proprie certezze e alla piramide di specifici bisogni, ma come si fa ad essere liberi di essere se stessi, sempre e in compagnia?
Forse basta poco. Accade quando facciamo qualcosa che ci piace e magari, successivamente, lo condividiamo. E lo coltiviamo.
Nel dubbio, basta fare esperienze e giudicarle solo alla fine. Certamente, è necessario pensare del tempo in modo sensoriale, facendosi trasportare da vie di fuga rigeneranti.
Magari sono chilometri a piedi o in bicicletta, immersi nel silenzio della natura o nei rumori della notte di una camerata. Forse si saggiano spazi nuovi e persone sconosciute. Probabilmente si sperimentano cose essenziali, che se da una parte deprimono i doveri, dall'altra liberano le risate del corpo. Chissà!
Certo, non va bene vivere la vita di 80 anni a 40: passeggiate, televisione, immagine sociale, doveri, binari e rotaie nelle quali ci si lascia trasportare.
Tagghiamo il nostro corpo, facciamo la mappa dei nostri pensieri e individuiamo i percorsi per sentirci felici. Inventiamo un diario creativo dei nostri bisogni e di come possiamo soddisfarli. E quando li abbiamo scritti, sentiamo se ci muovono qualcosa dentro. Non deve costare un sacrificio, basta che il corpo respiri e sorrida.
Cerchiamo qualcosa che ci faccia godere più realtà: silenzio, semplicità, natura, risata, esperienza. Tutto!
Per farlo ci si deve riconnettere, percepire l’armonia dei sensi e quando la gustiamo volta per volta, accettare i meravigliosi consigli del corpo: maestro di musica.