
Ci sono legami tormentati e persone straziate che si accaniscono l’un l’altro nell’inseguire un perduto amore. Normali storie d’amore tra adulti, da semplici riforme del rapporto, nascono, come da copione, sofferte prese di posizione, attacchi di gelosia, stalking.
Queste trappole d’amore nascono dagli andamenti di un attaccamento che ha alle spalle una lunga scia di strazi: complessi genitoriali, lutti, amori sofferti.
Quando si analizzano in profondità i vissuti delle persone, che pure capiscono i propri errori, non si può non nutrire un senso di rispetto per il tentativo, sbagliato, di prevenire antichi dolori.
La persona si immerge in inseguimenti, in travestimenti, in appostamenti. Per cosa? Per un piacere adrenalinico, superficialmente vitale, di sentirsi attivo protagonista del proprio benessere. Importunando l’altro si perpetua il sottile gioco del controllo e della violenza delle emozioni sul buon senso dei rapporti e della ragione.
Ma il dolore è una prigione e la fuga per controllare l’altro diventa il rituale di ogni momento della giornata, con un preciso scopo: mettere il guinzaglio all’amato e incatenarlo al muro dei propri desideri malandati.
L’ossessione, purtroppo, si attorciglia ai nodi interiori, l’ansia sale e il senso di abbandono seppellisce qualsiasi forma di amore per sé. L’altro diventa un ‘più’, che giganteggia, mentre il protagonista diventa un ‘meno’, che sprofonda nell’abisso.
Il protagonista capisce di dover cambiare, ma teme che non rimanga nulla di quel poco che trova quando bussa a se stesso.
Queste trappole d’amore nascono dagli andamenti di un attaccamento che ha alle spalle una lunga scia di strazi: complessi genitoriali, lutti, amori sofferti.
Quando si analizzano in profondità i vissuti delle persone, che pure capiscono i propri errori, non si può non nutrire un senso di rispetto per il tentativo, sbagliato, di prevenire antichi dolori.
La persona si immerge in inseguimenti, in travestimenti, in appostamenti. Per cosa? Per un piacere adrenalinico, superficialmente vitale, di sentirsi attivo protagonista del proprio benessere. Importunando l’altro si perpetua il sottile gioco del controllo e della violenza delle emozioni sul buon senso dei rapporti e della ragione.
Ma il dolore è una prigione e la fuga per controllare l’altro diventa il rituale di ogni momento della giornata, con un preciso scopo: mettere il guinzaglio all’amato e incatenarlo al muro dei propri desideri malandati.
L’ossessione, purtroppo, si attorciglia ai nodi interiori, l’ansia sale e il senso di abbandono seppellisce qualsiasi forma di amore per sé. L’altro diventa un ‘più’, che giganteggia, mentre il protagonista diventa un ‘meno’, che sprofonda nell’abisso.
Il protagonista capisce di dover cambiare, ma teme che non rimanga nulla di quel poco che trova quando bussa a se stesso.