
Quando si ama una persona, il compito è quello di cercare di amarla intensamente e profondamente.
All’inizio di ogni storia, anche se non si sa bene cosa cercare, la scoperta dell’altro è una sorta di incontro spirituale. Si passa attraverso le fasi di caccia e nascondimento, speranze e timori, fino alla comprensione degli aspetti evolutivi e altalenanti della relazione.
Arriva la fiducia, la capacità di stare quieti in presenza dell’altro, di condividere le passate malinconie, di cicatrizzare le ferite arcaiche dell’amore e di sognare il futuro per cantare una nuova vita ed i relativi adattamenti, convivenza, figli.
Quando accade tutto questo, è una meraviglia.
Ma quando i progetti non hanno possibilità di evolvere, si comincia a percepire che l’amore ha in serbo una tremenda sfida: nella pesca dell’amore, il pescatore non riesce a rianimare lo scheletro dell’amata/o. Accade qualcosa per la quale i denti e il viso dell’altro non sono più brillanti e vitali come all’inizio, muore un sogno e ci si può sentire in colpa per non essere stati abbastanza per l’altro.
Finché l’amore rimane ingenuo e innocente, si trova più di quanto si cerca. Gli spazi si espandono e il tempo si ferma. Ma quando la visione del futuro diventa pessimistica, e uno degli amanti si ritira, viene a mancare l’ossigeno: il bacio, il dialogo e l’abbraccio. Nell’immaginazione compare il vuoto, l’amputazione del cuore, la tristezza, la depressione, il ritiro e la finzione. Sembra di impazzire.
E quando ci si chiede: ‘tutto ciò è veramente inaffrontabile?’ La risposta è: ‘sì! Mancherà il contatto e la rassicurazione’. ‘Cosa potrebbe aiutare?’ La possibilità di piangere e sorridere. ‘Cosa vedrebbero gli occhi senza futuro?’ Un mondo che passa davanti senza poterlo toccare.
Si può fare qualcosa? Si! Si tendono le braccia, si stringono le mani, si toccano gli oggetti, il mondo viene avanti e, piano piano, prende forma. Si esce dal campo dell’impotenza e si entra nel campo di nuove sfide.
All’inizio di ogni storia, anche se non si sa bene cosa cercare, la scoperta dell’altro è una sorta di incontro spirituale. Si passa attraverso le fasi di caccia e nascondimento, speranze e timori, fino alla comprensione degli aspetti evolutivi e altalenanti della relazione.
Arriva la fiducia, la capacità di stare quieti in presenza dell’altro, di condividere le passate malinconie, di cicatrizzare le ferite arcaiche dell’amore e di sognare il futuro per cantare una nuova vita ed i relativi adattamenti, convivenza, figli.
Quando accade tutto questo, è una meraviglia.
Ma quando i progetti non hanno possibilità di evolvere, si comincia a percepire che l’amore ha in serbo una tremenda sfida: nella pesca dell’amore, il pescatore non riesce a rianimare lo scheletro dell’amata/o. Accade qualcosa per la quale i denti e il viso dell’altro non sono più brillanti e vitali come all’inizio, muore un sogno e ci si può sentire in colpa per non essere stati abbastanza per l’altro.
Finché l’amore rimane ingenuo e innocente, si trova più di quanto si cerca. Gli spazi si espandono e il tempo si ferma. Ma quando la visione del futuro diventa pessimistica, e uno degli amanti si ritira, viene a mancare l’ossigeno: il bacio, il dialogo e l’abbraccio. Nell’immaginazione compare il vuoto, l’amputazione del cuore, la tristezza, la depressione, il ritiro e la finzione. Sembra di impazzire.
E quando ci si chiede: ‘tutto ciò è veramente inaffrontabile?’ La risposta è: ‘sì! Mancherà il contatto e la rassicurazione’. ‘Cosa potrebbe aiutare?’ La possibilità di piangere e sorridere. ‘Cosa vedrebbero gli occhi senza futuro?’ Un mondo che passa davanti senza poterlo toccare.
Si può fare qualcosa? Si! Si tendono le braccia, si stringono le mani, si toccano gli oggetti, il mondo viene avanti e, piano piano, prende forma. Si esce dal campo dell’impotenza e si entra nel campo di nuove sfide.