
A 16 anni, come a 40 o più, quando ci si innamora di persone con cui è difficile ipotizzare un futuro, si cercano le scorciatoie. Da una parte si cerca di gestire l’ansia e la distanza. Dall’altra si cercano le ragioni per l’uscita da un brodo amoroso senza fine e da un orgoglio senza pace. Nel primo caso sembra di poter sopravvivere distraendosi, occupandosi di cose e rincorrendo gli impegni. Nel secondo caso, anche i sogni irrompono sotto le coperte ed alimentano la paura della perdita dell’amato.
Quando la lista della sofferenza si presenta come una slide piena di nomi che sostituiscono la nostra presenza nel cuore dell’amato, il pensiero diventa ossessivo, l’immaginazione si trasforma in sogno e la fantasia diventa realtà: l’incubo diventa concreto. Gelosia, attaccamento, palude.
Quando si allungano le mani per toccare la terra e camminare nella realtà, l’energia non scorre.
L’altro è la terra. Senza poterlo toccare e stringere, si sta male. Si prova dolore. E il dolore è una componente necessaria per l’elaborazione e l’accettazione della distanza dall’amato.
Inizialmente non si riesce a sopportare il dolore. Addirittura si pensa il peggio: ‘e se fosse l’altro a tenere la distanza?’. Non si sa come fare. Se l’altro dicesse: ‘non ti voglio, non ti amo più, lo faccio per il tuo bene’. Si soffrirebbe di più. Il tempo si accorcerebbe. Ma alla fine, quell’amore impossibile, finirebbe.
Le mancate scelte allungano solo i tempi del distacco e le giustifichiamo col fatto che l’incantesimo è dentro di noi ed è fuso con l’anima. Quando, da innamorati, presidiamo le porte senza futuro, scopriamo quanto siamo egoisti. Non accettiamo che qualcuno prenda le nostre decisioni: ci farebbe tanto arrabbiare.
Ci sarà mai un distacco? Prima o poi l’orologio della realtà farà sentire distintamente il suo tic-tac e il braccio sarà pronto a buttare dietro il suo sasso.
Quando la lista della sofferenza si presenta come una slide piena di nomi che sostituiscono la nostra presenza nel cuore dell’amato, il pensiero diventa ossessivo, l’immaginazione si trasforma in sogno e la fantasia diventa realtà: l’incubo diventa concreto. Gelosia, attaccamento, palude.
Quando si allungano le mani per toccare la terra e camminare nella realtà, l’energia non scorre.
L’altro è la terra. Senza poterlo toccare e stringere, si sta male. Si prova dolore. E il dolore è una componente necessaria per l’elaborazione e l’accettazione della distanza dall’amato.
Inizialmente non si riesce a sopportare il dolore. Addirittura si pensa il peggio: ‘e se fosse l’altro a tenere la distanza?’. Non si sa come fare. Se l’altro dicesse: ‘non ti voglio, non ti amo più, lo faccio per il tuo bene’. Si soffrirebbe di più. Il tempo si accorcerebbe. Ma alla fine, quell’amore impossibile, finirebbe.
Le mancate scelte allungano solo i tempi del distacco e le giustifichiamo col fatto che l’incantesimo è dentro di noi ed è fuso con l’anima. Quando, da innamorati, presidiamo le porte senza futuro, scopriamo quanto siamo egoisti. Non accettiamo che qualcuno prenda le nostre decisioni: ci farebbe tanto arrabbiare.
Ci sarà mai un distacco? Prima o poi l’orologio della realtà farà sentire distintamente il suo tic-tac e il braccio sarà pronto a buttare dietro il suo sasso.