
Nonostante lui dichiari ‘sto molto bene con te, sei la persona che mi fa stare meglio nella vita, ma non ti amo’.
Lei, notando che lui è dolce, che è premuroso, che è vicino, e soprattutto che la fa stare bene, pensa senza dubbi: ‘tu sei innamorato di me, anche se non lo ammetti!’.
Qui la protagonista pensa che non ammettere di essere innamorati sia solo una mancata ‘firma’ alle cose belle del rapporto.
La sua conclusione, errata, è che se il linguaggio non verbale è così esplicito, il suo sentirsi bene è cosi intenso, anche se manca la dichiarazione, il risultato è due a uno a favore della sua interpretazione.
Purtroppo, anche quando abbiamo un bel negozio da vendere, con il prezzo giusto e un compratore che elargisce molte pacche sulle spalle, è quando si appone la firma dal notaio che tutto diventa concreto. Fino a quel momento le chiacchiere sono chiacchiere. L’amore è unilaterale, le aspettative sono da una parte. Il rapporto rimane un bell’insieme di ‘momenti d’amore’ che non fanno una ‘storia’.
Naturalmente non è facile fare i conti con i propri valori che dicono ‘voglio amore’, ma nemmeno si può innestare nel cuore dell’altro il seme del proprio amore; e meno che meno è utile attivare un modello di pensiero psicologico investigativo perché più cose sappiamo dell’altro più aumenta la percezione del pericolo, dell’ansia, della gelosia.
Il pensiero indagatore che a volte si adotta per calmare le proprie incertezze d’amore, realizzano il contrario di quello che si vorrebbe: più si sa, più si sta male; più si interpreta e più ci si spaventa; più aumentano i dubbi e più ci si ammala di rimuginio.
Si vorrebbe tanta buona autostima per reggere i colpi delle mancate dichiarazioni d’amore, ma in realtà basta molto meno: meno aspettative, un po’ di indifferenza, una distanza da cannocchiale.
‘Ma questo che amore è?’.
Appunto!
Lei, notando che lui è dolce, che è premuroso, che è vicino, e soprattutto che la fa stare bene, pensa senza dubbi: ‘tu sei innamorato di me, anche se non lo ammetti!’.
Qui la protagonista pensa che non ammettere di essere innamorati sia solo una mancata ‘firma’ alle cose belle del rapporto.
La sua conclusione, errata, è che se il linguaggio non verbale è così esplicito, il suo sentirsi bene è cosi intenso, anche se manca la dichiarazione, il risultato è due a uno a favore della sua interpretazione.
Purtroppo, anche quando abbiamo un bel negozio da vendere, con il prezzo giusto e un compratore che elargisce molte pacche sulle spalle, è quando si appone la firma dal notaio che tutto diventa concreto. Fino a quel momento le chiacchiere sono chiacchiere. L’amore è unilaterale, le aspettative sono da una parte. Il rapporto rimane un bell’insieme di ‘momenti d’amore’ che non fanno una ‘storia’.
Naturalmente non è facile fare i conti con i propri valori che dicono ‘voglio amore’, ma nemmeno si può innestare nel cuore dell’altro il seme del proprio amore; e meno che meno è utile attivare un modello di pensiero psicologico investigativo perché più cose sappiamo dell’altro più aumenta la percezione del pericolo, dell’ansia, della gelosia.
Il pensiero indagatore che a volte si adotta per calmare le proprie incertezze d’amore, realizzano il contrario di quello che si vorrebbe: più si sa, più si sta male; più si interpreta e più ci si spaventa; più aumentano i dubbi e più ci si ammala di rimuginio.
Si vorrebbe tanta buona autostima per reggere i colpi delle mancate dichiarazioni d’amore, ma in realtà basta molto meno: meno aspettative, un po’ di indifferenza, una distanza da cannocchiale.
‘Ma questo che amore è?’.
Appunto!