
Un formatore, durante un convegno sull’importanza delle competenze, della visibilità e del networking, chiede alla platea di imprenditori di indicare quale sia l’ingrediente che rende speciale la tanto amata pizza italiana.
Tutti si sforzano di pensare alla pasta, al sale, al pomodoro, alla bufala, al forno, o a qualche altro ingrediente speciale fino a che, dopo una articolata riflessione sul perché di tale scelta, emerge l’ingrediente degli ingredienti. Non sono i componenti della pizza, né il pizzaiolo, né il forno, bensì ‘la gente affamata fuori della porta’.
Si, certo, la pizza deve essere buona e preparata con gli ingredienti migliori, ma non è lei la cosa più importante: ‘è la gente affamata’, i loro bisogni, le loro esigenze . E questo fa pensare, tanto l’imprenditore quanto la gente comune. E’ un cambio di paradigma nel modo di considerare le doppie lauree, le buone qualità, le molteplici competenze, le buone ragioni, etc. Accidenti, è l’altro che conta! E’ lui il faro! A lui dobbiamo rispondere!
Ma veniamo a noi e al nostro modo di comunicare. Cosa è meglio che accada, quando la nostra ‘pizza’, le nostre ragioni, le nostre idee, la nostra bellezza, etc., non sono poi così speciali?
Occorre stare tranquilli nella propria insicurezza.
Molto dipende da noi, è vero, ma è utile rimanere sereni.
La prima cosa da fare, la più difficile, è compiere due passi verso l’altro e girarsi per ascoltare, con i nostri amplificatori, i segnali che arrivano dall’’altro mondo’.
Così, se pensiamo di preparare la più bella lezione del mondo, di là, fuori dalla sala, ci deve essere un pubblico che cerca conoscenza, e che noi sappiamo cogliere e ‘sfamare’.
Se provvediamo ad organizzare una iniziativa, le nostre parole dovranno saper resuscitare perfino il Lazzaro della Bibbia.
Se, dopo un litigio, scriviamo una lettera a un figlio o a alla moglie/marito, per scusarci, affinché ci capisca o ci perdoni con i nostri tempi e modalità, dovremo ammettere che non sarà la nostra ‘pizza’/lettera, per quanto buona, a far evolvere la situazione, ma l’altro con i suoi tempi.
Se tutto va per il meglio e pensiamo di essere dei maghi, viviamo sicuri che prima o poi vedremo fumo oltre la collina. La cosa più importante è vivere bene, con un occhio dentro al cannocchiale dell’altro.
Anche se vediamo la persona che amiamo star male e vogliamo offrirgli i nostri consigli, la nostra esperienza, la nostra ‘pizza’, dovremo ricordare che davanti a noi abbiamo una persona che non vuole il nostro ‘aiuto’. Vuole una persona che coglie la sua fame di conoscenza, di presenza, di verità. Di ascolto.
Vedere l’altro nel suo movimento influisce su ciò che percepiamo vero, ma non è la nostra pizza. L’ingrediente più importante della nostra pizza deve riguardare l’allineamento di prospettive e di punti di vista. Se cambiamo prospettiva è per conoscere il punto di vista dell’altro, cogliere la sua ‘fame’, il suo desiderio, la sua verità.
Dare valore a ciò che si osserva dell’altro (comportamenti, atteggiamenti, identità, convinzioni) è l’espressione del buon senso, ma comunicare direttamente con la coscienza dell’altro è prepararsi a dialogare con l’esistenza. Ed è questo l’ingrediente più importante del nostro essere ‘pizzaioli’.
Tutti si sforzano di pensare alla pasta, al sale, al pomodoro, alla bufala, al forno, o a qualche altro ingrediente speciale fino a che, dopo una articolata riflessione sul perché di tale scelta, emerge l’ingrediente degli ingredienti. Non sono i componenti della pizza, né il pizzaiolo, né il forno, bensì ‘la gente affamata fuori della porta’.
Si, certo, la pizza deve essere buona e preparata con gli ingredienti migliori, ma non è lei la cosa più importante: ‘è la gente affamata’, i loro bisogni, le loro esigenze . E questo fa pensare, tanto l’imprenditore quanto la gente comune. E’ un cambio di paradigma nel modo di considerare le doppie lauree, le buone qualità, le molteplici competenze, le buone ragioni, etc. Accidenti, è l’altro che conta! E’ lui il faro! A lui dobbiamo rispondere!
Ma veniamo a noi e al nostro modo di comunicare. Cosa è meglio che accada, quando la nostra ‘pizza’, le nostre ragioni, le nostre idee, la nostra bellezza, etc., non sono poi così speciali?
Occorre stare tranquilli nella propria insicurezza.
Molto dipende da noi, è vero, ma è utile rimanere sereni.
La prima cosa da fare, la più difficile, è compiere due passi verso l’altro e girarsi per ascoltare, con i nostri amplificatori, i segnali che arrivano dall’’altro mondo’.
Così, se pensiamo di preparare la più bella lezione del mondo, di là, fuori dalla sala, ci deve essere un pubblico che cerca conoscenza, e che noi sappiamo cogliere e ‘sfamare’.
Se provvediamo ad organizzare una iniziativa, le nostre parole dovranno saper resuscitare perfino il Lazzaro della Bibbia.
Se, dopo un litigio, scriviamo una lettera a un figlio o a alla moglie/marito, per scusarci, affinché ci capisca o ci perdoni con i nostri tempi e modalità, dovremo ammettere che non sarà la nostra ‘pizza’/lettera, per quanto buona, a far evolvere la situazione, ma l’altro con i suoi tempi.
Se tutto va per il meglio e pensiamo di essere dei maghi, viviamo sicuri che prima o poi vedremo fumo oltre la collina. La cosa più importante è vivere bene, con un occhio dentro al cannocchiale dell’altro.
Anche se vediamo la persona che amiamo star male e vogliamo offrirgli i nostri consigli, la nostra esperienza, la nostra ‘pizza’, dovremo ricordare che davanti a noi abbiamo una persona che non vuole il nostro ‘aiuto’. Vuole una persona che coglie la sua fame di conoscenza, di presenza, di verità. Di ascolto.
Vedere l’altro nel suo movimento influisce su ciò che percepiamo vero, ma non è la nostra pizza. L’ingrediente più importante della nostra pizza deve riguardare l’allineamento di prospettive e di punti di vista. Se cambiamo prospettiva è per conoscere il punto di vista dell’altro, cogliere la sua ‘fame’, il suo desiderio, la sua verità.
Dare valore a ciò che si osserva dell’altro (comportamenti, atteggiamenti, identità, convinzioni) è l’espressione del buon senso, ma comunicare direttamente con la coscienza dell’altro è prepararsi a dialogare con l’esistenza. Ed è questo l’ingrediente più importante del nostro essere ‘pizzaioli’.